Politica

Confindustria all'opposizione: "Cambiare, non distruggere"

Il presidente Boccia: «Europa e Tav imprescindibili Impossibile una politica forte senza l'economia»

Confindustria all'opposizione: "Cambiare, non distruggere"

La standing ovation tributata ieri dall'assemblea di Confindustria al premier uscente Paolo Gentiloni è il segnale chiaro e inequivocabile che gli imprenditori italiani intendono collocarsi all'opposizione. Lo sgradimento per il tandem Salvini-Di Maio viene sintetizzato dal presidente Vincenzo Boccia con l'espressione «cambiare senza distruggere». Il ragionamento è semplice. «Non ci può essere una politica forte senza una economia forte», ha sottolineato evidenziando che «se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l'economia, lavora in realtà contro se stessa».

La principale denuncia, infatti, riguarda la questione industriale che è «scomparsa dal dibattito di questi mesi». «Oggi l'America parla di produrre più acciaio mentre da noi si vuole chiudere l'Ilva, la più grande acciaieria d'Europa», ha esordito Boccia ribadendo che non è possibile «cambiare continuamente le carte in tavola».

Altro motivo di allarme è quello delle opere pubbliche. L'Italia, avverte, «non deve fare passi indietro sulla Tav, Tap e sul Terzo Valico». «Le infrastrutture - ha aggiunto Boccia - sono la precondizione per costruire una società inclusiva e ridurre i divari» poiché un'adeguata dotazione infrastrutturale consente al nostro Paese di evitare l'isolamento. Rinunciare a queste opere comporta una «enorme perdita di credibilità perché se passa l'idea che a ogni cambio di maggioranza politica si torna indietro su scelte strategiche per la nostra economia, è la nostra credibilità che mettiamo in discussione», ha incalzato.

Per Confindustria non aiuta il Paese «chi ha bisogno di raccogliere consenso tutto e subito, perché il suo orizzonte è corto e vive nella condizione di una perenne campagna elettorale». A queste parole gli unici pentastellati presenti in platea, i senatori Pesco e Turco, hanno abbandonato la sala. Non a caso il presidente Boccia ha criticato pure l'intenzione di reintrodurre le pensioni di anzianità evidenziando la necessità di «meno enfasi sulle pensioni e più sul lavoro che deve riacquistare una centralità assoluta». Stesso discorso per la politica fiscale che «ha bisogno di una regia chiara, ferma e coerente, immune da manovre volte solo a captare consenso politico». Ultimo ma non meno importante il richiamo all'Europa che è «imprescindibile: va cambiata ma dall'interno».

Tutto il parterre ha approvato la relazione. «Chi parla di uscita dall'euro e di aumento del debito pubblico mette a rischio l'Italia e i risparmi degli italiani», ha chiosato l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, rimarcando che «la riduzione del debito pubblico deve essere un obiettivo perché è un interesse dell'Italia, non solo perché ce lo chiede l'Europa: è nostro dovere farlo scendere». Tutto quello che deve fare il prossimo governo, ha aggiunto il banchiere, «è lavorare sulle diseguaglianze della crescita».

«Mi ricordo la frase di Gianni Agnelli: Per essere buoni italiani bisogna essere buoni europei», ha osservato il presidente di Tim, Fulvio Conti citando un passaggio assembleare e concordando con le tesi di Boccia. Piena condivisione è stata espressa anche da Maurizio Gardini, presidente dell'Alleanza elle cooperative, mentre il numero uno dell'Abi, Antonio Patuelli, ha espresso «ampia convergenza» con Confindustria.

Il nuovo governo parte, perciò, con un pericoloso vento contrario: quello dell'impresa.

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