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Congiuntura, petrolio e Bce Ecco il fattore "C" di Renzi

Il premier si prende il merito della crescita ma la componente fortuna è determinante Sono cambiate le condizioni economiche mondiali e Draghi lavora sempre per l'Italia

Congiuntura, petrolio e Bce Ecco il fattore "C" di Renzi

Da domenica sera c'è anche la Fiorentina in testa al campionato. Roba che non accadeva dai tempi del grande Trap. A Matteo Renzi gira proprio tutto per il verso giusto di questi tempi. O almeno così pare.

Il «fattore C» di Matteo è molto forte. Vale per la riforma del Senato che quasi sicuramente sarà portata a casa «asfaltando» opposizioni e garanzie costituzionali grazie all'effetto generato in casa Pd dall'arrivo delle truppe cammellate degli ex berluscones. Ma vale soprattutto per l'andamento dell'economia che si è fatto un po' meno incerto e lievemente più roseo. L'ultima notizia positiva, riportata dall'Istat, è stata la discesa del tasso di disoccupazione nel mese di agosto al di sotto del 12% (11,9% per la precisione), circostanza che non si rilevava dall'inizio del 2013, ossia dai tempi del nefasto Monti. E il premier, ogni volta, non manca di sottolineare che si tratta dell'«effetto Jobs Act», minimizzando il fatto che la disoccupazione giovanile, leggermente aumentata, sia sempre al di sopra del 40 per cento. Ma tant'è.

Il mercato del lavoro è un indicatore lagging (cioè, ritardato) delle reali condizioni di un'economia. Il fatto che comunque ci siano centinaia di migliaia di italiani che hanno trovato (o ritrovato) un'occupazione è frutto della crescita. E, tecnicamente, l'Italia è un Paese che sta crescendo: +0,4% nel primo trimestre, +0,3% nel secondo. Non è tantissimo, ma l'ultima volta che si era visto un segno «più» a Palazzo Chigi c'era ancora Silvio Berlusconi. E questo non può che far gongolare il suo emulo in sedicesimo. Si rivede, persino, l'inflazione sui beni di prima necessità (+1,3%), segno che i consumi basic sono ripartiti. Lo ha testimoniato Confcommercio all'inizio di settembre registrando il maggior incremento degli ultimi cinque anni per le spese delle famiglie e ora giungono i primi riscontri.

Al netto di una platea di ultras (dentro il Parlamento ma anche fuori) che di giorno in giorno si ingrossa, è comunque difficile orientarsi e far mente locale con un premier che cambia ogni giorno agenda tra un hashtag #italiariparte e l'onnipresenza dal Gp di Monza fino al trionfo di Pennetta a Flushing Meadows. Come si fa a ricordare che, per il momento, questa ripresa è figlia della decisione di Mario Draghi e della Bce di inondare i mercati europei di liquidità acquistando titoli di Stato e obbligazioni societarie dell'area euro fino a mille miliardi? Il denaro pompato sul mercato cerca investimenti e questi, nel medio periodo, producono posti di lavoro, consumi e ripresa. Considerato che il prezzo del petrolio è ancora basso e che il rallentamento delle economie asiatiche non si è ancora dispiegato in maniera preoccupante, è facile per Matteo assumersi tutti i meriti.

Anche se l'Italia quest'anno crescesse dell'1% (obiettivo raggiungibile), il merito sarebbe da ascrivere ai fattori esogeni, cioè petrolio e Bce. Il «fattore C» starebbe tutto a Matteo che, in questo modo, può coprire l'inefficacia delle politiche economiche fin qui adottate, tipo i 10 miliardi buttati nel bonus da 80 euro senza tagliare la spesa improduttiva. Ma Renzi è fortunello: il clamore generato dai suoi propositi riformisti, Jobs Act in primis, gli è valso il via libera Ue a un leggero aumento del deficit che in passato all'Italia non sarebbe stato concesso.

Matteo vorrebbe fare il colpo grosso con la flessibilizzazione dell'età pensionabile, ma a Bruxelles hanno già fatto resistenza. Lui spera in un nuovo colpo di fortuna, una crescita inattesa del Pil che migliori i parametri di deficit e debito. Ma se non gli riuscisse, non gli dispiacerebbe lo scudetto alla Viola.

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