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Il Coni dichiara guerra al governo. Malagò: "Riforma? È occupazione"

Il presidente duro. I gialloverdi: «Seguiamo l'esempio estero»

Il Coni dichiara guerra al governo. Malagò: "Riforma? È occupazione"

Roma - «Questa non è una riforma dello sport, ma l'occupazione del Comitato Olimpico». Il presidente del Coni Giovanni Malagò sferra un attacco durissimo al governo e alla riforma del Coni, contenuta nella bozza della manovra, che ridimensiona il potere del Comitato Olimpico, creando una nuova società pubblica, la Sport e Salute spa, per gestire la cassa dei finanziamenti alle federazioni.

Davanti al Consiglio straordinario convocato per discutere della proposta di legge, il numero uno dello sport italiano non usa mezzi termini: «Ho cercato di capire come si è arrivati a questa decisione fortissimamente caduta dall'alto. La risposta mi è stata data con grande franchezza e sincerità: è la politica. Questa è solo una precisa volontà politica di trasformare il Coni». Alla fine del suo intervento, il Consiglio gli ha dato mandato per ridiscutere la norma con il governo (con un solo voto contrario, quello del leghista e presidente dell'Asi, Claudio Barbaro).

Se non si è dimesso, spiega Malagò, è solo perché la riforma dovrebbe partire nel 2020, e a ridosso delle Olimpiadi sarebbe stato da irresponsabile lasciare: «Facciamola partire alla fine del quadriennio. Io sono stato eletto per essere presidente di un altro Coni. Perché farla ora, senza un confronto?». Una lunghissima arringa che strappa applausi e una standing ovation dei membri del Consiglio nazionale, riuniti a Palazzo H, quando afferma di «non voler rinunciare allo scudetto tricolore, ai cinque cerchi olimpici e alla scritta Coni che forse è la più prestigiosa del paese dopo la Ferrari, per un marchio che si chiama Sport e Salute». Malagò sostiene di non voler fare guerre, ma considera tutto questo una «profonda ingiustizia». «Il Coni così si ridurrebbe a una bellissima agenzia di viaggi che ogni due anni organizza le Olimpiadi», insiste. E, soffermandosi sui contributi alle federazioni, si chiede «perché una società partecipata al cento per cento dallo Stato deve fisicamente dare i contributi alle federazioni». «Se è solo un fatto di chi firma l'assegno - incalza - non lo posso capire, se a monte c'è una volontà o l'imposizione di determinare un criterio di scelta di come individuare i parametri per elargire questi contributi questo non si può accettare».

Molto polemici anche gli ex presidenti del Coni Franco Carraro («Non si cancellano 73 anni di storia con un comma») e Mario Pescante («La legge Mussolini era più democratica»).

Alle critiche del presidente del Coni rispondono i sottosegretari Giancarlo Giorgetti (Lega) e Simone Valente (M5s): «Ci sorprende l'atteggiamento del presidente Malagò, sa bene che l'autonomia dello sport non è in discussione.

Stiamo seguendo un modello d'eccellenza già in vigore in altri Paesi».

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