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Conte assicura: "La soluzione è politica. Non manderemo né armi né uomini"

Di Maio isolato conferma. I leader aspettano il vertice di Berlino

Conte assicura: "La soluzione è politica. Non manderemo né armi né uomini"

La soluzione del conflitto in Libia può essere solo politica e l'Italia non alimenterà il conflitto fornendo armi o militari. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha illustrato a Palazzo Chigi, la linea che l'Italia intende perseguire e ne ha difeso la coerenza. L'Italia è concentrata da tempo affinché la crisi sia orientata a una soluzione politica, sotto l'egida delle Nazioni Unite. Queste le parole di Giuseppe Conte, parlando di Libia al termine del colloquio con il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, che ha si è complimentato con Conte per la leadership. «Non bisogna perdere di vista la lotta all'Isis, anche noi siamo presenti, ma l'Italia è il secondo Paese, dopo gli Usa, come numero di militari in Iraq».

Intanto il governo italiano ribadisce che non c'è spazio per soluzione militare «Con l'approssimarsi della conferenza di Berlino, la nostra posizione è chiara e coerente: non c'è spazio per una soluzione militare che acuirebbe le sofferenze e l'instabilità della regione», ha aggiunto Conte. «Ci batteremo perché l'Ue possa avere con noi questo ruolo quale migliore garanzia per un futuro indipendente della Libia». L'Italia è in prima linea nella lotta al terrorismo, nella coalizione anti Isis. «Ne avvertiamo il peso, ha detto Conte, è un impegno molto apprezzato, che ci viene riconosciuto. Contribuiamo con un contingente militare anche in Iraq. Siamo disponibili a mantenere questo impegno, premurandoci che ci siano adeguate condizioni di sicurezza».

Intanto, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha fatto sapere che parteciperà alla conferenza di Berlino sulla Libia, con il presidente del Consiglio. In commissioni riunite al Senato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha ribadito la conferma di una presenza italiana in Iraq per il 2020 «è necessario confermare la nostra presenza nei principali teatri operativi per tutelare gli interessi strategici nazionali, adempiere agli obblighi internazionali e dare risposta a specifiche richieste di assistenza». «In particolare - ha ricordato il ministro - non è ipotizzabile una ulteriore riduzione di personale in Afghanistan (dove oggi sono presenti 783 militari, ndr) e incrementare invece la nostra presenza nel Sahel, in funzione antiterrorismo, e nella regione mediorientale, soprattutto nell'area dello stretto di Hormuz».

Il ministro Guerini ha inoltre reso noto che il contributo italiano «all'addestramento e alla formazione del personale iracheno e curdo è particolarmente significativo: a oggi abbiamo addestrato 76.503 militari e operatori di polizia, che rappresentano il 23 per cento del totale di quanto fatto dalla coalizione. «Non risultano sussistere minacce dirette al nostro contingente» in Libia, ha voluto poi tranquillizzare Guerini davanti alle commissioni riunite Difesa a Palazzo Madama. In Libia attualmente, «nell'ambito della missione Miasit, operano 240 militari - ha ricordato il ministro - su una presenza massima autorizzata di 400. E continua il supporto sanitario all'ospedale di Misurata».

Intanto non è certo passato inosservato il vuoto tra i banchi dei 5 Stelle in Aula alla Camera proprio mentre parlava il ministro degli esteri Di Maio.

È l'immagine forse più iconica dell'isolamento del leader che ha ribadito la linea: «L'Italia non intende intervenire militarmente nel conflitto libico» e sostiene «con convinzione il processo di Berlino, al momento l'unica strada percorribile».

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