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Conte cerca lavoro: concorso da professore. Poi balbetta una scusa

Lunedì era previsto l'esame di inglese: «Non vado per impegni istituzionali. Valuterò...»

Conte cerca lavoro: concorso da professore. Poi balbetta una scusa

Nella vita le cose accadono quando meno te le aspetti. Poniamo che tu stia aspettando da decenni una cattedra universitaria. Diciamo «diritto privato» alla Sapienza di Roma. Poniamo che tu abbia pazientemente atteso che il tuo mentore, un grande della materia, diciamo si chiami Guido Alpa e ti abbia praticamente tenuto in braccio, lasci finalmente la poltrona. Appena si può, a febbraio, è chiaro che tu sia tra i primi a presentare la domanda di concorso, per titoli ed esami (ma poi si sa come vanno queste cose). Certo, passerà del tempo per valutare il curriculum (occhio al curriculum!), ma poi sei quasi certo che ti chiameranno.

In effetti la commissione esaminatrice (Enrico Elio del Prato, Sapienza; Stefano Delle Monache, università di Padova; Gisella Finocchiaro, ateneo di Bologna) si riunisce il primo agosto, nessuno eccepisce alcunché e tu rimani uno dei papabili. Poi si rivede il 4 settembre scorso per controllare ancora una volta curriculum e pubblicazioni e, sorpresa ma mica tanto, resti nella rosa dei quattro che se la giocheranno. La scuola di giurisprudenza della Sapienza, purtroppo, «dimentica» di pubblicare i risultati sulla pagina del concorso: che sbadati. Ed ecco che vieni convocato a fare il colloquio di inglese, lunedì 10 settembre. Una bazzecola, il sogno s'avvicina a grandi passi.

Senonché. Quando si dice la sfiga. Le cose belle arrivano a scoppio ritardato, quando quasi quasi non le vuoi più. O ci tieni meno. O ti creano grattacapi. Già, perché capita magari che ti chiami proprio Giuseppe Conte e il primo giugno hai giurato nelle mani del presidente della Repubblica in qualità di presidente del Consiglio. Maledizione. Ti sei messo subito in aspettativa dall'Università di Firenze, d'accordo, ma quel concorso? Quel concorso va avanti, inesorabile. Ti ricorda quel che sei e che forse, tu temi presto, tornerai a essere: una vita spesa nella speranza di quella poltrona che fu di Alpa, il mentore. Il diavolo ci mette lo zampino, non c'è dubbio. Se in passato i ministri Diliberto e Visco se ne fregarono delle questioni di opportunità accettando una cattedra che la legge allora consentiva, dal 2010 la legge è cambiata. Si presume che il processo di selezione «non possa essere imparziale quando un candidato detiene il potere sull'università in virtù del suo ufficio pubblico», come ieri avvertiva il sito Politico Europe facendo trapelare la notizia scovata dalla brava Silvia Sciorilli Borrelli e rilanciata urbi et orbi, con tanto di richiesta di dimissioni, dalla pd Morani, inviperita dalle pretese di un Conte che vuol diventare «barone» universitario. Due dei tre esaminatori avrebbero eccepito di non potersi ritenere imparziali, «considerando che il candidato è effettivamente il loro superiore più alto». Il rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio, che avrebbe il potere di bloccare un'eventuale nomina del premier (si porrebbe immediatamente in congedo, lasciando per ora la cattedra ad altri, come fecero Diliberto e Visco), oppone un «no comment».

Conte, dopo ore di imbarazzo, in conferenza stampa dà il meglio del suo repertorio. Finge persino di «non ricordare precisamente, grazie per avermi riportato all'altra vita che vivevo». E poi, in un crescendo di nonchalance professorale: «Sì, confesso d'aver fatto domanda per un trasferimento a Roma. Da giurista vi dico che non dovrebbero esserci problemi. Però impegni istituzionali impongono di riconsiderare la questione, così come di sostenere lunedì l'esame di inglese. Valuterò con attenzione. Però, trovavo carina e stimolante l'idea di fare un esamino d'inglese dopo aver colloquiato con Trump...». Coraggio, Conte.

Come si dice? Mai dire mai.

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