Politica

Contrada innocente Annullata la condanna ma lui l'ha già scontata

La Cassazione revoca i dieci anni per mafia al superpoliziotto. Che ne ha fatti otto in cella

Contrada innocente Annullata la condanna ma lui l'ha già scontata

Roma C'è voluto quasi un quarto di secolo perché finisse l'incubo giudiziario di Bruno Contrada. Il superpoliziotto, ex capocentro e poi numero tre del Sisde, venne arrestato quando aveva 61 anni, alla vigilia di Natale del 1992, e dopo anni in carcere e lustri dopo lustri passati a ribadire la propria innocenza rispetto a quell'accusa piovuta dalle dichiarazione di «pentiti» e poi cristallizzata nell'ambigua formula del concorso esterno in associazione mafiosa, ha dovuto aspettare fino a ieri per vedere la Cassazione, finalmente, dargli ragione. E cancellare l'ultima condanna del 2006 a 10 anni di carcere (confermata in Cassazione e divenuta definitiva l'anno dopo) definendola «ineseguibile e improduttiva di effetti penali» e annullandola senza rinvio. Tutto questo quando Contrada ha 86 anni, e ha già scontato per intero quella condanna, alla faccia dell'ineseguibilità.

Lui, d'altra parte, non si era mai arreso. Continuando a chiedere la revisione del processo, regolarmente respinta in quattro diverse occasioni, e ottenendo finalmente uno spiraglio di giustizia dalla Corte europea dei diritti dell'uomo che, nel 2014 e poi nel 2015, con due distinte sentenze aveva condannato l'Italia sia per non aver concesso i domiciliari all'ex superpoliziotto nonostante le precarie condizioni di salute sia, soprattutto, per averlo condannato per un reato «non sufficientemente chiaro né prevedibile» all'epoca dei fatti contestati. Proprio la decisione della Cedu ha fatto sponda perché la Cassazione smontasse quell'accusa e mettesse fine alla sua odissea.

Ora comincerà l'iter per «risarcire» Contrada, ma la verità è che la sua odissea giudiziaria non è risarcibile. Il suo lavoro da servitore dello Stato contro mafia e criminalità è stato spezzato, il suo onore messo in dubbio da testimonianze di ogni genere, comprese clamorose panzane, se non storie mai avvenute, come quella mano strette a Contrada da Falcone che poi se la sarebbe «pulita sui pantaloni» per mostrare il suo ribrezzo, come raccontò Antonino Caponnetto in tribunale. Salvo poi, accertato che Falcone non era presente nella circostanza ricordata dal magistrato, ammettere che forse si ricordava male l'episodio. Sembrava che volessero seppellirlo da vivo, Contrada, con una lapide da «mafioso» a coprire la storia di un poliziotto coraggioso che per più di trent'anni ha seguito una sola causa, quella della Stato, uno Stato che poi l'ha perseguitato per 25 anni prima di arrendersi all'evidenza e alle sentenze di un tribunale internazionale. Adesso Contrada può finalmente rialzare la testa: «Non è solo un uomo libero. Ma incensurato», ha spiegato il suo legale, Stefano Giordano. Non è d'accordo l'ex pm Antonio Ingroia, che sosteneva l'accusa in primo grado. Per lui, la Cassazione «non ha certo riconosciuto che Contrada è innocente né ha revocato la sentenza di condanna definitiva a cui si è arrivati grazie a una convergenza di elementi solidissimi e accuratamente verificati». Essere condannati per un reato che ancora non esisteva per Ingroia è «un mero incidente di esecuzione», e l'auspicio dell'ex toga è che quella sentenza non venga «usata» per sbianchettare altre condanne.

«A cominciare - spiega - da Marcello Dell'Utri».

Commenti