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La contromisura di Di Maio? Mezz'ora al giorno su internet

Il ministro si rifugia nella "connessione di cittadinanza": giusto dare l'accesso gratuito a chi non può permetterselo

La contromisura di Di Maio? Mezz'ora al giorno su internet

La lotta alla povertà? È a portata di mouse. Parola di Luigi Di Maio. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha una ricetta semplice. Iniziamo a far navigare tutti su Internet, intende dire, il resto vien da sé. Il vicepremier grillino immagina «uno Stato che interviene e fornisce gratuitamente una connessione di almeno mezz'ora al giorno a chi ancora non può permetterselo». Una mezz'ora d'aria cibernetica per tutti o, come qualcuno l'ha già maliziosamente ribattezzato, il cosiddetto «bonus Youporn». Le parole del leader grillino arrivano proprio nel corso dell'Internet day. Di Maio ha partecipato infatti alla presentazione del quarto rapporto Agi-Censis, dal titolo L'insostenibile leggerezza dell'essere digitale nella società della conversazione, portando ricette semplici e dal sicuro effetto mediatico. Non ha solo auspicato un intervento dello Stato in favore di chi non è nelle condizioni di permettersi un traffico giornaliero sulla Rete di 30 minuti ma si è anche augurato che l'accesso alla Rete sia, prima o poi, libero e che diventi un diritto inalienabile dei cittadini. Fatto che però, osservano i più maliziosi, deve essere preceduto dall'acquisto di uno smartphone, di un tablet o almeno di un computer da tavolo (magari di seconda mano). Per cifre non certo irrisorie. C'è chi prova anche a fare i calcoli. A monetizzare quella mezz'ora. Quanto costa? Siamo sopra o sotto le cinquanta euro l'anno? Lo stesso popolo della Rete resta perplesso sul come e sul quando questo slogan fatalmente propagandistico possa tradursi in realtà operativa.

E mentre blog e giornali on line titolano sulla possibile introduzione della «connessione di cittadinanza», ecco arrivare la seconda idea del vicepremier. «La Rete è davanti a un pericolo: quello della riforma del copyright. Per me l'Unione Europea dovrebbe puntare sull'educazione e non su provvedimenti come la link tax, che sarebbe una tassa bavaglio». Per poi lanciare la sfida a Bruxelles: «Se dovesse passare al Parlamento europeo questa direttiva sul copyright non è detto che la recepiremmo». Gettando chi vive di copyright nel più profondo stupore e nella più cupa preoccupazione. «È un attacco al cuore dell'industria culturale italiana» tuona Marco Polillo, presidente di Confindustria cultura italia. Altrettanto stupito si mostra Ricardo Franco Levi dell'Aie (Associazione italiana editori). «Non possiamo credere - commenta Levi - che un governo del cambiamento voglia difendere lo status quo che favorisce le grandi imprese del web a scapito degli autori e degli editori del nostro Paese». Ancor più critico Enzo Mazza che a nome della Federazione dell'industria musicale aggiunge: «È chiaro che se queste sono le posizione del governo allora queste risultano a favore di Google e Facebook».

E per chiudere la giornata delle idee, il ministro dello Sviluppo economico ha confessato ai cronisti a Montecitorio: «La nostra economia è un unicum e se i dazi servono per proteggere i nostri prodotti, è giusto parlarne».

Con buona pace dell'Europa.

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