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La convinzione di Berlusconi: "Siamo centrali per il governo"

Il leader azzurro è sicuro: senza il centrodestra, il M5s non può andare avanti. E si prepara a salire al Colle

La convinzione di Berlusconi: "Siamo centrali per il governo"

Il patto tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini tiene, ma questo mette in crisi l'asse del leader leghista con Luigi Di Maio. Di fronte ai no del candidato premier del M5s, che rivendica per sé Palazzo Chigi e pone il veto al leader di Forza Italia e al suo partito, la costruzione di un governo centrodestra-grillini traballa.

Il Cavaliere, che è rimasto ad Arcore e forse scenderà a Roma nei prossimi giorni, fa lo stesso ragionamento di Salvini: da solo il M5s non riuscirà a fare nulla, ha bisogno di noi, di tutti noi. Prevale in questo momento la fiducia nel segretario della Lega, che non accetta il tentativo di Di Maio di escludere Fi, prevedendo al massimo qualche poltrona a ministri di area azzurra. Berlusconi vuole soprattutto allontanare lo spettro del ritorno al voto e intende salire al Quirinale con la sua delegazione ed essere protagonista al momento delle consultazioni.

Certo, è anche preoccupato di tenere insieme il partito ed evitare che prevalgano i malumori, le sirene che spingono a salire sul carro del vincitore leghista e qualche voce di dissenso interno, come quella del governatore della Liguria Giovanni Toti, che insiste a condurre una sua scalata personale ma appare isolato. «Con Berlusconi non ci sentiamo da prima di Natale», ammette ad Agorà, su Rai3.

Salvini proclama la sua affidabilità dicendo che non fa «campagna acquisti in casa d'altri». Ma è seccante per il Cav che ripeta anche ai 5Stelle che deve sbattere la porta in faccia ad una trentina di azzurri pronti a cambiare casacca. A ribadire la centralità di Fi è Antonio Tajani, che sembra assumere nel partito un peso sempre maggiore e ne potrebbe diventare vicepresidente, con accanto un triumvirato di coordinatori territoriali, uno per il Nord, uno per il Centro e un altro per il Sud. «Non esiste centrodestra senza Fi - dice il presidente dell'Europarlamento-. Senza di noi non si va da nessuna parte». In un'intervista al Corriere della sera Tajani è categorico: «Non accettiamo alcuna conventio ad excludendum, perché in democrazia il voto del popolo si rispetta. E i nostri 170 parlamentari rappresentano una parte del voto popolare». Poi cita l'elezione dell'azzurra Elisabetta Casellati a presidente del Senato, come «un risultato molto positivo, il segnale che ci siamo e contiamo» e sottolinea che «c'è bisogno non solo dei numeri, ma dell'esperienza, del prestigio, della capacità che FI può esprimere sul palcoscenico internazionale».

Mentre Salvini e Di Maio si scontrano sulla premiership e si accusano a vicenda di cercare voti tra i dem, Berlusconi tesse il suo piano per far fruttare al massimo il 14% ottenuto alle elezioni. La seconda carica dello Stato è di Fi e non è escluso che la Casellati possa entrare in gioco nelle consultazioni, e i nuovi capigruppo di Camera e Senato sono anche loro donne e fedelissime, Mariastella Gelmini e Annamaria Bernini. All'inizio sembra che il Cav volesse a palazzo Madama la Bernini e immaginasse la Casellati al ministero di Giustizia, ma poi alcuni suoi consiglieri, come Niccolò Ghedini (amico della presidente del Senato), gli avrebbero fatto cambiare idea.

Per ora, dunque, il centrodestra è «granitico», come dice Salvini, anche se ogni partito rivedica la sua identità. Infatti, mentre il leader del Carroccio voleva una delegazione unica per salire al Quirinale, si conferma che ce ne saranno tre e Berlusconi guiderà quella di Fi. Il Cav, poi, conta di scrollarsi presto di dosso il peso dell'incandidabilità. «Dall'8 marzo Berlusconi poteva chiedere la riabilitazione delle funzioni politiche attive o passive e lo ha fatto - ricorda Vittorio Sgarbi, a Circo Massimo, su Radio Capital-.

Nell'arco di un mese può candidarsi in prima persona, non serve più attendere la sentenza di Strasburgo».

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