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Coop-Pd, caccia al Baffo. I due "pentiti" torchiati sui 16mila euro sospetti

Investigatori al lavoro sull'identità dell'uomo a cui erano destinati i soldi. L'ex presidente Cpl Casari sostiene siano suoi ma non chiede il dissequestro

Coop-Pd, caccia al Baffo. I due "pentiti" torchiati sui 16mila euro sospetti

Sostiene che quelli sono risparmi messi da parte per aiutare la famiglia qualora lo avessero arrestato. Ora che in galera c'è davvero, però, l'ex presidente della Cpl Concordia Roberto Casari non ne reclama la restituzione. Lascia i 16.700 euro, ritrovati dai carabinieri all'interno di un armadietto blindato durante una perquisizione, nelle mani dei pm. Erano sigillati in una busta gialla contrassegnata dalla scritta «Baffo». Chi è «Baffo»? «Sono io», ha spiegato Casari. «Porto i baffi, è una somma destinata al mantenimento dei parenti se fosse arrivato un momento di difficoltà».

Gli inquirenti però la pensano diversamente: quel denaro potrebbe derivare dalle false fatturazioni della società-cartiera Tunita del manager Francesco Simone. Una ditta fantasma, con sede a Tunisi, utile solo a creare una contabilità parallela e provviste finanziarie in nero.

Nelle intercettazioni tra Simone e Casari si fa spesso riferimento a «documenti» e «progetti» che insospettiscono gli investigatori. Sono soldi che scottano, quelli nordafricani. Tant'è che Casari propone al suo braccio destro di trovare una soluzione per «tenere i progetti a Roma...» perché «è inutile che giriamo con tanti progetti. Quando mi servono...». Una possibile alternativa, di cui parlano il manager e il responsabile di area della coop rossa Nicola Verrini, potrebbe essere una cassetta di sicurezza presso la Banca popolare delle Marche dove Simone è già cliente. Solo che - ammette il lobbista - «se me li trovano a me c'hanno i miei risparmi, se te li trovano a te... sono cazzi: mi spiego?».

La decisione di Verrini di collaborare con l'autorità giudiziaria sull'esempio di Simone è fondamentale non solo per spiegare il meccanismo dei finanziamenti alla politica e alle fondazioni, ma anche per fare luce sugli accordi tra la Cpl Concordia e i Casalesi in relazione ai lavori di metanizzazione in provincia di Caserta. In questo fascicolo, il presidente della coop è indagato per concorso esterno mafioso così come Giovanni Di Tella, uno degli imprenditori in odore di mala che ha ottenuto subappalti sia nell'agro-aversano sia a Ischia. Di lui parla il super pentito Antonio Iovine. «A casa sua - dice il padrino - io mi sono anche nascosto durante la mia latitanza (...) ero molto legato a Di Tella il quale si è arricchito, anche grazie a me, proprio con i lavori fatti con la Concordia». Il rapporto tra i due, a sentire il collaboratore di giustizia, era stretto a tal punto che il boss ha continuato a frequentarlo «anche quando non mi sono più potuto rifugiare a casa sua» dopo che un controllo delle forze dell'ordine aveva «bruciato» la tana. «Giovanni Di Tella - si legge ancora nel verbale di Iovine - oltre a sostenermi dandomi del denaro a titolo di amicizia, mi comprava perfino pullover e camicie dal negozio di Brunello Cucinelli nel centro di Ischia».

E che non sia un momento facile per il Pd campano, travolto da inchieste e scandali, lo dimostra pure l'indagine a carico del sindaco democratico di Ercolano Vincenzo Strazzullo. Il fascicolo, a carico di amministratori, imprenditori e un dipendente comunale, riguarda alcuni appalti per opere pubbliche, tra cui il rifacimento di alcune strade e della caserma dei carabinieri per circa 15 milioni di euro. I reati ipotizzati sono associazione per delinquere, corruzione e turbativa.

Tra gli indagati anche il vicesindaco Antonello Cozzolino, l'assessore all'Urbanistica, Salvatore Solaro, il presidente del Consiglio comunale, Rory Oliviero, e il consigliere comunale del Pd Pasquale Romano.

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