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Correnti, veti incrociati e vecchie ruggini. Tra gli orfani di An adesso volano gli stracci

La Meloni non digerisce la salita sul Carroccio di Alemanno e Storace

Correnti, veti incrociati e vecchie ruggini. Tra gli orfani di An adesso volano gli stracci

Roma - Il patto strategico-elettorale tra Lega e il Movimento Nazionale per la Sovranità di Gianni Alemanno e Francesco Storace accende la tensione a destra. E dentro l'area «sovranista» improvvisamente si rimescolano le carte e la competizione interna diventa aspra e spigolosa.

Il nodo politico è semplice. La Lega per sfondare al Sud e radicarsi in territori dove fatica a decollare, nonostante il lavoro capillare e l'attivismo del suo leader, attinge al dna di Alleanza Nazionale. Un accordo utile anche a rafforzarsi in vista della grande partita con Forza Italia: un match che assegnerà al primo partito della coalizione il diritto di esprimere il candidato premier. Giorgia Meloni, però, non apprezza questa manovra che porta la Lega a giocare ancor di più sul terreno di Fratelli d'Italia, rischiando forse di eroderne i consensi.

L'accordo tra Lega e Sovranisti verrà illustrato oggi a Napoli in una assemblea in cui Storace e Alemanno - che respingono l'epiteto di «finiani» usato in alcune cronache - presenteranno un documento per spiegare la loro scelta alla presenza del numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti. «Io e Storace siamo stati in posizione alternativa a Fini anche ai tempi di An» spiega Alemanno. «Dispiace che da parte di Fratelli d'Italia ci sia una chiusura verso l'unità della destra, tanto più con una legge elettorale che impone di unire le forze per far prevalere l'istanza sovranista di Salvini. La Lega ha compiuto una svolta nazionale coraggiosa abbandonando le istanze secessioniste che io ricordo bene essendo stato al governo con Bossi. Come ha detto Giorgetti i valori fondanti ora sono identità, comunità, sovranità e non possiamo non condividerli e sposarli. Fdi sembra voler restare a metà del guado. Noi la polemica la soffriamo e ci auguriamo finisca. Io in ogni caso non mi candiderò alle Politiche sia perché prima voglio risolvere i miei problemi, sia perché voglio presentarmi dove ci sono le preferenze piuttosto che le liste bloccate».

«L'epiteto finiano è demodé» rincara la dose Francesco Storace. «Io nel 2007, uscii da An avendone tutto da perdere, sono fuori dal Parlamento da dieci anni. Lo scandalo della casa di Montecarlo nasce dalla denuncia di due esponenti de La Destra. Si è chiusa una stagione della destra e Salvini oggi interpreta il nostro linguaggio. Dopo Fini c'è stata soltanto diaspora e non vedo uno spazio politico per una simil-An. La stessa Fdi ora oscilla tra il 3 e il 4, ma poi al dunque il voto si polarizzerà. Il fatto stesso che nella Fondazione An ci siano esponenti di Forza Italia, di Fratelli d'Italia o nostri e nessuno voglia riproporre An la dice lunga. Forse è ora di consegnare la storia ai libri e guardare avanti. Mi sembra che da parte della Meloni ci sia il timore di una concorrenza a destra, timore che non ha motivo di essere. Io sogno che il Movimento Sovranista sia il mio penultimo partito e si possa ancora costituire il polo sovranista».

Per Giorgia Meloni, invece, «Alemanno e Storace hanno una storia diversa da quella della Lega e non è candidando delle persone di destra che un partito diventa di destra». Persone vicine alla leader di Fdi ribadiscono che per loro le porte restano serrate. «Facciano i militanti, senza voler stare sempre in prima fila. E dire che un tempo alcuni di loro ci insultavano e ci accusavano di andare a rimorchio di Salvini. Cosa avremmo da guadagnare a fare una lista unica con Salvini senza una legge che ci obbliga a farlo? Se ci dovevamo consegnare mani e piedi a Salvini allora rimanevamo nel Pdl. Salvini, poi, non ci mette la faccia e manda Giorgetti. Noi siamo quelli che abbiamo messo la destra al riparo e garantito che ci sia rappresentanza.

Non ci interessa cosa fanno questi generali senza truppe».

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