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Il Corriere azzoppa il premier e si riapre la guerra dentro Rcs

Durissimo editoriale di De Bortoli contro il presidente del Consiglio. Marchionne si sfila: non lo leggo mai

Il Corriere azzoppa il premier e si riapre la guerra dentro Rcs

«Ipertrofico», «una squadra di governo di una debolezza disarmante», «un partito personale simile a quello del Cavaliere» e, per finire, «il Patto del Nazareno» emana «stantio odore di massoneria». Molti lettori del Corriere ieri avranno strabuzzato gli occhi leggendo un editoriale antirenziano che avrebbe potuto essere scritto perfettamente da Marco Travaglio e invece portava la firma del direttore Ferruccio De Bortoli. Che, per una volta, ha abbandonato lo stile impersonale asserendo: «Devo essere sincero: Renzi non mi convince».

Gli attacchi sono circostanziati. Il premier sarebbe un leader egocentrico e intollerante che ha riempito tanto l'esecutivo quanto il Pd di yesmen dal dubbio curriculum, frustrando la competenza del ministro dell'Economia Padoan. A Palazzo Chigi, in definitiva, c'è un vacuo imbonitore poco incline al compromesso della cui mediocrità l'Europa si sarebbe già accorta, paventando lo spettro del commissariamento, cioè la troika. Ciò che preoccupa De Bortoli è, però, l'accordo con Berlusconi e lo invita a rivelarne il contenuto, ritenendolo fondamentale per l'elezione del nuovo capo dello Stato (con scarsa finesse dà Napolitano già pronto alla pensione nel 2015) e forse per le sorti della Rai. Un'intemerata che alcuni hanno interpretato come un endorsement quirinalizio per il presidente Bce, Mario Draghi.

Non è un mistero che tra Renzi e Via Solferino non vi sia scambio di amorosi sensi. Da qualche settimana il quotidiano non risparmia editoriali al fiele sia sui temi economici (con Alesina e Giavazzi) che politici. Il premier, per parte sua, ha sgradito l'enfasi per le indagini sui presunti casi di corruzione di Eni in Nigeria che coinvolgono l'ad «renziano» Claudio Descalzi. Un simile a-fondo, però, non ha precedenti, considerando che quel decisionismo ieri criticato è stato più volte invocato dal Corriere , infastidito dalle estenuanti mediazioni tra Pd e soci.

La «conversione» di De Bortoli ha spiazzato tutti. Tranne la sinistra dem che aspettava una ciambella di salvataggio. «Il Corriere ha quasi sfiduciato Renzi», ha commentato Massimo Mucchetti, senatore dissidente ed ex firma di punta. «L'establishment è preoccupato per l'eccessivo filoamericanismo e per la politica muscolare nei confronti della Russia che è un grande partner commerciale», ha chiosato il saggista Giancarlo Galli su Formiche . «Viene da pensare che sia una decisione spontanea», ha ipotizzato l'ex ministro Antonio Martino.

Per fare chiarezza occorre mettere assieme una serie di dati di fatto. De Bortoli dal prossimo aprile non sarà più direttore: gli azionisti lo hanno poco elegantemente licenziato con una maxiliquidazione di 2,5 milioni di euro. Il giornalista non l'ha presa bene ed è molto probabile che ieri abbia dato sfogo al risentimento alzando un polverone e accontentando la maggioranza antirenziana della redazione, spesso «maltrattata» dal premier e, invece, difesa da De Bortoli dai tagli draconiani che l'ad di Rcs, Pietro Scott Jovane, voleva imporre.

Ecco, Rcs è la questione. Senza più patto di sindacato e con i due elementi stabilizzatori - Mediobanca (9,9%) e Intesa (4,2%)- in uscita, ormai il controllo è una partita tra i due principali azionisti di minoranza: Fiat Chrysler (16,7%) e Diego Della Valle (7,3%). Se Mister Tod's ha di che lamentarsi per il mancato aiuto di Renzi nella soluzione dei problemi con i treni di Ntv, lo stesso non vale per il Lingotto. Anzi ieri Sergio Marchionne ha ribadito il proprio appoggio al presidente del Consiglio: «Il Corriere ? Normalmente non lo leggo». De Bortoli ha approfittato del caos creatosi nel salotto buono di Via Solferino. «Non credo che oggi esistano i poteri forti, spesso sono un luogo vuoto, è una tematica agitata quando la politica è debole», ha detto ieri sera. Il direttore ha approfittato di quel «vuoto» per affermare che le grisaglie di Draghi e di Mario Monti sono meglio dell'iperattivismo di un Berlusconi e di un Renzi in camicia bianca. Al premier, però, di queste valutazioni non cale. «Auguri al Corriere per la sua nuova veste grafica», ha tagliato corto.

Lui se ne frega.

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