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La Corte Ue respinge il ricorso: Sea Watch non sbarchi in Italia

Strasburgo non sospende il divieto di ingresso in porto Vittoria di Salvini: «Non scendono neanche a Natale»

La Corte Ue respinge il ricorso: Sea Watch non sbarchi in Italia

Matteo Salvini ha vinto su tutta la linea. La Corte Europea dei Diritti dell'uomo ha respinto il ricorso presentato da Sea Watch, che chiedeva «misure provvisorie» che sospendessero la direttiva che vieta l'ingresso della nave in acque territoriali italiane, consentendo così ai migranti di sbarcare. La Cedu, in sostanza, dice che le misure sopracitate «si applicano solo in caso di rischio imminente di danno irreparabile». Indica, però, all'Italia e alle sue autorità, di continuare a fornire supporto in mare «alle persone che si trovano a bordo di Sea Watch 3 in condizione di vulnerabilità per età o stato di salute».

Subito sono arrivati i commenti dal ministero dell'Interno. «Anche la Corte Europea di Strasburgo - dice - conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell'Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici. Meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna». Gli fa eco il sottosegretario Nicola Molteni: «La decisione della Cedu - chiarisce - conferma la solidità degli interventi del Viminale. Aspettiamo con ansia le reazioni di Boldrini, Saviano e compagni vari...».

Il vicepremier Salvini stavolta ha tenuto il punto, nonostante le minacce della comandante di Sea Watch 3, Carola Rackete, di forzare il blocco e nonostante la strafottenza di Olanda e Germania che fanno orecchie da mercante. E ha lanciato da subito un messaggio chiaro e inequivocabile. La nave della Ong tedesca «in Italia non ci arriva, possono stare lì fino a Natale. In 13 giorni se avessero avuto veramente a cuore la salute dei migranti sarebbero andati e tornato dall'Olanda». Per poi chiarire che «l'Italia non si fa dettare la linea da una Ong che non rispetta le regole».

Perché le leggi del nostro Paese parlano chiaro e perché ora esiste un Decreto sicurezza bis che impedisce l'approdo a chi favorisce l'immigrazione clandestina, come Sea Watch, che va in acque libiche per recuperare i migranti e ignora che il porto sicuro più vicino si trova in Tunisia. Un impuntarsi, quello dell'equipaggio della nave, che sa di prepotenza che al vicepremier non piace, ma che incontra anche il disappunto degli italiani a giudicare dai commenti all'appello dei migranti sulla pagina Facebook della Ong.

Salvini tiene il punto, dicevamo, nonostante abbia contro quelli che del buonismo hanno fatto uno sport, a partire da don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele, che lancia un appello con cui chiede di far scendere in Italia le persone che sono da 14 giorni su Sea Watch o Laura Boldrini (LeU), che dice che «non si può ignorare la situazione dei 43 migranti» che per lei scapperebbero «da un Paese in guerra», non rendendosi conto che di libici, sull'imbarcazione della Ong, non ce n'è neanche uno. Inesattezze su inesattezze per arrivare poi ad annunciare di aver avvertito a Berlino il viceministro degli Esteri, Niels Annen, perché il governo tedesco si adoperi a trovare una soluzione condivisa.

La comandante della Sea Watch, Rackete, ha prospettato la possibilità di forzare il blocco. Opzione che le comporterebbe il sequestro della nave, una denuncia penale e una multa fino a 50mila euro. A questo punto è da capire quale altro escamotage cercherà l'equipaggio. Appellarsi di nuovo alle autorità europee, impietosire l'opinione pubblica a suon di video dei migranti a bordo o tentare nuovamente di sbarcare in maniera illegale?

I porti, per ora, restano chiusi e il braccio di ferro continua.

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