Politica

Corteo o sfilata? "Moda migranti" nella Milano chic

Quando capita un'altra occasione così social(ista)? Archiviata la settimana della moda, cioè la celeberrima e chicchissima Mfw, Milano fashion week, alla Milano dei salotti bene non poteva sfuggire un red carpet (proprio red, nel senso di rosso) così succulento

Corteo o sfilata? "Moda migranti" nella Milano chic

«Siamo l'Italia migliore», si sentiva ripetere qua e là, ieri a Milano, tra i capannelli di gente tanto compiaciuta di farsi vedere in piazza. Via con i selfoni dietro le bandiere delle varie associazioni, e quando capita un'altra occasione così social(ista)? Archiviata la settimana della moda, cioè la celeberrima e chicchissima Mfw, Milano fashion week, alla Milano dei salotti bene non poteva sfuggire un red carpet (proprio red, nel senso di rosso) così succulento. È la Mrcw, la Milano radical chic week. Così sotto l'hashtag primalepersone è sfilata la passerella dei sedicenti ottimati, cioè quelli che fingono di stare dalla parte degli ultimi perché pensano di essere i migliori e quindi manifestare per i poveri è un vezzo a cui non sanno rinunciare. Una pochette vistosa e voluttuosa da imbucare nella tasca della giacca in velluto. Un gesto di regale liberalità, un lavacro in cui sciacquare tutte le proprie ipocrisie. Amano il loro prossimo, purché la pensi esattamente come loro e gli stia a una certa distanza. Puntualmente però si dimenticano, snobbano o sputacchiano, quelli che stanno in mezzo tra gli ottimati e i disgraziati. Cioè la maggioranza. Cioè gli italiani. Perché gli italiani per loro sono un po' troppo italiani, hanno troppi casini, devono addirittura sporcarsi le mani nel tentativo di sbarcare il lunario. Sono così volgarmente indaffarati nel tentativo di mettere insieme il pranzo con la cena che non hanno tempo di firmare petizioni per il Saharawi o per il Venezuela (ovviamente di Maduro). Così ieri da una parte c'era la riserva indiana dei vecchi arnesi dei centri sociali, quelli che pensano ancora che fumarsi un cannone in centro città e boicottare le docce sia un atto rivoluzionario. Anarchici in disarmo, con i ciuffi bianchi di capelli che gli spuntano tra un dreadlock e l'altro. Rivoluzionari senza rivoluzione, antirazzisti in mancanza di razzisti, antifascisti in assenza di camicie nere, che si eccitano a cantare Bella Ciao sotto la Madonnina con quasi 80 anni di ritardo. E poi la Milano con il cuore, quella che pensa che l'altra Milano - quella che non fa sit in e non va in giro con le biciclette con la targa «no oil» - scarseggi di cervello, ma che non si accorge quanto dalle loro parti scarseggino gli attributi. Che ha approfittato per abbandonare i propri salotti (rigorosamente foderati di buone e politicamente corrette letture) per scendere in piazza e, riflettendosi nei propri simili come in un gigantesco specchio, potersi dire: quanto siamo buoni e giusti, noi sì che siamo l'Italia migliore. Che poi sono quelli con quattro dogsitter (ovviamente neri e rigorosamente in nero) che fanno pascolare il loro cane a Brera imbozzolato in tre fili di cachemire. E #primalepersone, piuttosto che #primaiquadrupedi, forse dovrebbe essere un monito per loro stessi. Sono quelli che non vedono il pericolo immigrazione, semplicemente perché non vedono l'immigrazione. Non la incontrano, non la toccano, non la vivono. Gli unici flussi migratori nella loro vita li hanno visti scorrere su National Geographic. D'altronde i centri di accoglienza non li aprono mica nel quadrilatero della moda. Ed è facile e bello fare gli «accoglienti» con la sicurezza degli altri. #primalepersone, sempre, a patto che siano di sinistra. Altrimenti meglio un chihuahua col trench. Merita più diritti.

Hasta l'ipocrisia siempre.

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