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Così Fini faceva lavorare il "cognato" Tulliani in Rai: ecco tutte le carte segrete

Il Tempo pubblica le intercettazioni su favoritismi e tangenti. Paglia: "Fini mi disse di farlo lavorare con un minimo garantito". E su Tulliani: "Arrogante, avrei voluto picchiarlo"

Così Fini faceva lavorare il "cognato" Tulliani in Rai: ecco tutte le carte segrete

Un giro di tangenti dietro all'acquisto dei film. E la Rai finisce ancora nella bufera giudiziaria che mira a far luce su intermediari e dirigenti televisivi che, secondo le carte pubblicate dal Tempo, avrebbero creato un vero e proprio sistema di favoristismi, malaffare ed epurazioni. Perché, dall'affresco che fa l'ex dirigente Rai, Guido Paglia, alla procura di Roma, emergono correnti politiche e incarichi tecnici, riunioni semiclandestine e pretese "parentali".

A fare pressione sui vertici della Rai c'era anche Giancarlo Tulliani, il "cognato" dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini. "Il Tulliani - racconta Paglia in un interrogatorio del dicembre 2012 riportato dal Tempo - mi fu introdotto dalla segretaria particolare di Fini che mi chiese di dargli udienza in Rai". Come ricostruisce il Tempo, Tulliani voleva entrare nel giro che conta ma non aveva nemmeno una società con cui lavorare. "Mi chiese se avevo un buon grafico per fargli realizzare il logo della costituenda società Giant", racconta Paglia rivelando ai pm come il cognato di Fini si fosse lamentato per il fatto che "i tempi erano troppo lunghi" e che forse non aveva capito che "lui era lì su input di Fini, per cui non avevo messo nella pratica la dovuta diligenza. Insomma si rivolse a me con arroganza inaudita, così lo cacciai letteralmente dalla porta". "Con Fini - racconta Paglia - avevo in precedenza avuto un colloquio in cui gli avevo detto che per me Tulliani non aveva alcuna possibilità di entrare nel business della produzione cinematografica, in primo luogo per la necessità che quel settore di impresa richiede di reperire enormi disponibilità economiche, ma anche per la sua inadeguatezza manageriale". In quella circostanza Fini fece quasi finta di non saperne niente. Anzi, disse a Paglia che Tulliani era un immobiliarista e non imprenditore cinematografico.

Le velleità di Tulliani non si fermano davanti al "no" di Paglia. E Fini tornò presto alla carica. "Mi reco alla Camera dei Deputati - prosegue Paglia - dove vengo dirottato nell’appartamento privato del presidente, dove non ero entrato mai". All'incontro, oltre a Fini, era presente Tulliani. "Visibilmente imbarazzato - racconta ai pm - mi inizia a dire che aveva la necessità di fare in modo che Giancarlo avesse un 'minimo garantito' non solo in tema cinematografico, ma anche con riferimento alla fiction e all’intrattenimento. Provai a fargli capire - dice ancora Paglia - che era impossibile ottenere tutto quello che lui chiedeva, perché in ogni settore erano richiesti requisiti di professionalità ed esperienza che Tulliani non possedeva". Ma Tulliani fece notare a Paglia che "per Barbareschi e per la moglie di Bocchino aveva avuto altre attenzioni". "Gli dico di ringraziare Iddio che non eravamo a casa mia perché altrimenti gli avrei messo le mani addosso - continua Paglia - a quel punto inseguito da Fini che cercava di trattenermi, mi giro e me ne vado.

Da allora - conclude Paglia nella ricostruzione del Tempo - non ho avuto più rapporti e le mie aspettative di diventare vicedirettore generale Rai sono state ovviamente frustrate".

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