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Così i genitori killer di Sana la faranno franca

La legge consente agli assassini di perdonarsi a vicenda, evitando la pena capitale

Così i genitori killer di Sana la faranno franca

Una giustizia che sa tanto di beffa. In un Paese dove la legge non è uguale per tutti. Ma a fare la differenza, anche in tribunale, è la casta di appartenenza dell'imputato. Pakistan, tutti in piedi, entra la corte. Qui i giudici sanno quando usare il pugno di ferro o la mano leggera. Sotto questo profilo i familiari di Sana appaiono abbastanza tutelati dal loro status sociale, che non è di fascia altissima, ma neppure di ultimo livello. Finora padre, madre, fratello e zio di Sana (la 25enne italo-pachistana ammazzata il 18 aprile perché «rea» di non voler accettare in patria un matrimonio combinato dai familiari) vengono trattati in maniera non particolarmente brutale dalla polizia locale. Tanto che è stato concesso loro perfino di rilasciare interviste in cui padre e fratello di Sana hanno smentito di aver confessato l'omicidio della giovane: una confessione che, in Italia, era stata data per certa da tutti gli organi di informazioni. Le cose, invece, non starebbero così. Inoltre anche l'ipotetica «condanna a morte» cui i parenti-killer di Sana andrebbero incontro è tutt'altro che certa. E ciò in forza di una legge che dimostra bene come in Pakistan (e nella maggior parte dei Paesi di area asiatica) il diritto garantisca la stessa certezza di una variabile impazzita. Basti pensare che, fino allo scorso anno, qualsiasi reato (compresi i più efferati) si poteva estinguere grazie al «perdono» che la vittima o i parenti di essa erano nella facoltà di concedere (spesso in cambio di denaro o capi di bestiame) al responsabile del delitto. Una sorta di Ius fai-da-te che, attraverso tale modalità di risarcimento autogestito, si è sostituita alle vere sentenze giuridiche.

Risultato: per decenni migliaia di stupratori di bambini e assassini di donne l'hanno fatta franca, commutando gli anni di galera e il cappio dell'impiccagione in una contropartita finanziaria per crimini orrendi. Una situazione intollerabile che ha finito con l'indignare l'opinione pubblica. E così il governo è stato costretto a eliminare questa «scappatoia legislativa» per pedofili, assassini e autori di «delitti d'onore» (tipologia nella quale rientrerebbe l'omicidio di Sana). La nuova norma porta la firma del senatore Sughra Imam, autore di uno storico discorso in Parlamento: «Le leggi sono fatte per portare a comportamenti migliori, non per permettere atteggiamenti distruttivi e impunità».

Fino a oggi la legge pachistana (cui si sono appellati i parenti assassini di Sana) prevedeva che «i responsabili di un delitto d'onore potessero non essere condannati se la famiglia della vittima perdonava il colpevole». Ma ora «l'istituto del perdono» è stato ingabbiato in un recinto più garantista, impedendo la scarcerazione immediata del colpevole. Il quale, in caso di perdono, potrà evitare solo la pena di morte, ma non quella detentiva. Ciò significa che se i genitori di Sana si perdoneranno a vicenda non potranno essere condannati alla pena capitale ma solo a un periodo di carcere. A vita? Almeno questo sperano gli amici di Sana che a Brescia si era rifatta una nuova vita ed era ben voluta da tutti. È stata proprio la comunità bresciana, insieme con il quotidiano cittadino, ad avere il merito di non aver creduto alla versione di comodo fornita dalla famiglia di Sana all'indomani della sua morte. Dal Pakistan giunse subito una versione dell'accaduto che suscitò forti sospetti: «Sana è morta per cause naturali». Ad aumentare i dubbi, una sepoltura fatta a poche ore dal decesso grazie e autorizzata da un medico compiacente. Ma a Brescia qualcuno si prese la briga di indagare, scoprendo che la presunta «patologia» all'origine del decesso della giovane era una bugia; inesistente anche l'ospedale in cui la ragazza sarebbe stata «a lungo ricoverata»: solo fandonie per nascondere una verità orribile. Verità che l'esumazione del cadavere e l'autopsia sul corpo disposte dal giudice hanno confermato: «Sana è stata strangolata. Il suo osso del collo risulta spezzato». Ultima annotazione: in Pakistan il carcere «a vita» non può superare i 12 anni. Patteggiabili.

Il legale contattato dalla famiglia di Sana pare sia un esperto nel ramo.

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