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Così l'ispettore Travaglio si è fatto ingannare da Marra

Il direttore del Fatto convocò il dirigente (ora in galera) per stabilire se fosse innocente. E lo "assolse": "È corretto"

Così l'ispettore Travaglio si è fatto ingannare da Marra

Per il grillino Di Battista, il dirigente comunale Raffaele Marra, braccio destro della sindaca Raggi arrestato per corruzione, non è solo un «personaggio dai tratti torbidi», ma senza dubbio «un delinquente» (e «quando viene arrestato un delinquente sono sempre contento» dice il deputato M5s, doppiamente contento «se il delinquente arrestato si era guadagnato la fiducia di un esponente del Movimento»). Invece il direttore del Fatto Marco Travaglio, anche lui solitamente più incline alla colpevolezza degli indagati, stavolta è il più garantista di tutti: Marra è «un potenziale corrotto», ed è in carcere per due assegni ricevuti dal costruttore Scarpellini «in cambio di favori imprecisati», dunque tutti da dimostrare come prova della corruzione.

In effetti Travaglio, come il Giornale ha raccontato ieri, è da settimane che si spende, mettendoci la faccia, sull'integrità di Marra. Di lui e Romeo, altro funzionario del «raggio magico», scriveva: «Due rari dirigenti comunali mai indagati, ma trattati come criminali perché vicini alla prima cittadina». Mentre tutti i giornali puntavano il dito sulle molte ombre di Marra, e sul perché la Raggi avesse scelto proprio quel dirigente chiacchierato come suo braccio destro, Travaglio si è convinto che Marra fosse preso di mira solo per un servile interesse politico, cioè per attaccare la Raggi e screditare i poveri Cinque Stelle sempre bistrattati.

Fino a descrivere Marra come la vittima di un attacco concentrico: «Marra è l'uomo nero nel mirino del gruppo Espresso e di parte del M5s perché, essendo un dirigente pubblico, lavorò col sindaco Alemanno e poi con la giunta Marino, e in Regione Lazio collaborò con la Polverini e poi con Zingaretti». Anche parte dei Cinque stelle, insomma, accusavano Marra solo per indebolire la sindaca. Che invece stimava Marra «perché conosce la macchina, non risulta aver rubato, anzi ha denunciato in procura vari scandali», scriveva Travaglio.

Il direttore del Fatto si è risentito per la nostra ricostruzione dei suoi ultimi editoriali e di alcune conversazioni agli atti dell'inchiesta (dove Marra e Romeo al telefono concordano che «Marco Travaglio ha fatto un bel lavoro»), e ci ha annunciato una «bella querela» via sms. Ma è stato lo stesso direttore Travaglio a raccontare, sul suo quotidiano, di aver avuto un incontro con Marra. Più che un incontro, una indagine approfondita per stabilire - carte alla mano - l'attendibilità del dirigente sotto attacco dei media. Così lo racconta lo stesso Travaglio: «Noi, quando Marra balzò ai disonori delle cronache come l'Uomo Nero della Raggi, gli chiedemmo un incontro. Si presentò con una valigia di faldoni per documentare il suo curriculum, le sue lauree e la correttezza delle sue condotte, le denunce che aveva presentato contro il malaffare capitolino. Lo avvertimmo che avremmo verificato ogni carta. E così facemmo senza trovare nulla che smentisse la sua versione».

L'unico peccatuccio che l'ispettore Travaglio scopre è che Marra aveva chiesto una raccomandazione ad un vescovo per entrare nei servizi segreti, «peraltro invano». Quisquilie. «Ovviamente non potevamo intercettarlo né introdurci nei suoi conti bancari», perciò la sospetta corruzione sfugge alle indagini di Travaglio. Che così passa a difendere Marra, e la Raggi che se lo tiene stretto, anche contro una parte del M5s che invece ne chiede l'allontanamento.

Scelta poco fortunata: per una volta che il giustizialista Travaglio scommette sull'innocenza, e non sulla colpevolezza, finisce che glielo arrestano.

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