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Così la missione è solo uno spreco

Così la missione è solo uno spreco

Chi racconta che non c'è modo di bloccare il traffico di uomini mente sapendo di mentire. Il modo c'è e si chiama Operazione Sophia. Se l'Europa e il nostro governo l'avessero appoggiata politicamente, la missione Eunavfor Med - lanciata nella primavera 2015 e affidata al comando dell'ammiraglio italiano Enrico Credendino - potrebbe oggi operare dentro le acque della Libia e dispiegare sulle sue coste squadre d'incursori per distruggere le infrastrutture delle organizzazioni criminali e neutralizzarne i capi. Questo prevedono, infatti la fase due e la fase tre del mandato di Eunavfor Med approvato dall'Alto Commissario per la Politica estera Federica Mogherini. Peccato che dopo aver siglato quel mandato la Mogherini, l'Ue e Roma non abbiano mosso un dito per ottenere la risoluzione Onu o l'autorizzazione del governo libico, indispensabili per il passaggio alla fase operativa. Così una missione concepita bene si è trasformata in uno spreco di risorse ed energie.

Ufficialmente la missione, rinnovabile di anno in anno, scade il prossimo 27 luglio. A sentire la Mogherini l'impegno verrà quasi certamente rinnovato. L'inutile e costoso scialo si prorogherà dunque per altri 12 mesi. Certo se chiedete alla Mogherini, all'Unione o al nostro governo vi risponderanno che il mancato raggiungimento delle condizioni politiche indispensabili per colpire i trafficanti è la conseguenza del minacciato veto russo alla risoluzione Onu. C'è da chiedersi come dei politici degni di questo nome pensassero di ottenere il beneplacito di una Russia sottoposta a sanzioni e trattata dall'Europa alla stregua di una nazione criminale. E vien da chiedersi come dei politici interessati a fermare il traffico di uomini, non abbiano avviato una trattativa con Putin sulla risoluzione. Ma questa è solo una parte del problema.

L'altra si chiama Fayez Al Serraj. Per far a meno di Mosca e dell'Onu basterebbe il via libera di un premier libico tenuto in vita dalle flebo politiche, militari e finanziarie garantitegli dall'Europa e dal nostro Paese. Ma gli unici a cui un Serraj, prono ai diktat dell'ultima milizia, riesce a dir di no siamo noi. E così per l'inettitudine di quest'Europa e di quest'Italia l'ammiraglio Credendino, con le sue sei navi, i suoi sette aerei e i suoi incursori deve limitarsi a vantare il salvataggio di 40mila migranti, l'arresto di cento scafisti di secondo livello e la formazione di una Guardia costiera libica addestrabile in qualsiasi base militare della Penisola. Certo non fa solo quello. Tra un salvataggio e l'altro ha raccolto informazioni su tutte le organizzazioni criminali che operano da Zwara a Zawia, da Sabrata a Tripoli. Grazie a Sophia sappiamo che il contrabbando di migranti s'integra con quello di carburante, oro, droga e armi e che la principale area delle partenze è Talil Beach davanti a Sabrata dove il traffico è governato dalle milizie di Mohamed Koshlaf e Ahmed Dabbashi. Grazie a Sophia conosciamo le malefatte delle organizzazioni umanitarie sorprese a flirtare con i trafficanti. Ma sono lacrime nella pioggia.

Per l'inerzia di chi guida la politica da Bruxelles a Roma questo minuzioso lavoro d'intelligence continuerà, per un altro lungo e costoso anno, a generare rapporti e piani destinati a non diventare mai operativi. Nata per combattere il traffico di uomini la missione Sophia è oggi il simbolo della loro vittoria.

Un monumento navigante all'apatia dell'Europa e alla fiacchezza del nostro governo.

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