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"Così non saremo più al sicuro Mandateli in un posto isolato"

In paese sono preoccupati: «Bisogna sfatare il mito dell'accoglienza. Vien voglia di fuggire»

"Così non saremo più al sicuro Mandateli in un posto isolato"

Claudio Petruccioli è infuriato. «É vergognoso il modo in cui il Corriere della sera ha costruito un pezzo con tanto di foto mia e di altri lasciando intuire una presunta ostilità dei coloni all'arrivo dei migranti. Io sono favorevole alla politica del governo, l'onere dell'accoglienza va condiviso, Capalbio farà la sua parte». La gente del posto però è inferocita. «Al bar del paese se ne parla da mesi, dovevano arrivare a giugno, poi si è rinviato. Io non conosco i dettagli del piano ma una cosa è certa: quando si mette mano ad azioni simili, la cittadinanza va informata adeguatamente. Per evitare la rivolta». In effetti, nelle viuzze attorno a piazza Magenta, cuore pulsante della «perla maremmana», Capalbio, 4mila anime, si rincorrono le voci sull'imminente arrivo. «In inverno qui non c'è un'anima spiega la signora Livia, residente capalbiese dalla nascita Se m'immagino il paese deserto e questi quaranta, cinquanta uomini africani o di non so dove, mi viene voglia di trasferirmi da mia figlia a Grosseto». In realtà, dovrebbero essere siriani ma la protesta locale potrebbe far fallire il piano. In piazza Magenta, che in questi giorni ospita la rassegna Capalbiolibri, non si placano gli animi. «Sarà difficile conciliare il dovere dell'accoglienza con i diritti di una piccola comunità di 400 persone com'è quella del borgo di Capalbio dichiara Andrea Zagami, ideatore della prestigiosa kermesse letteraria Tuttavia i capalbiesi sono abituati a superare le crisi, troveranno il modo per non subire passivamente questa situazione». Agguerrita animatrice del fronte avverso è Concetta Monaci, proprietaria del mitico ristorante Il Frantoio: «Bisogna sfatare il mito dell'accoglienza, poveri i profughi e fortunati noi! Nel momento esatto in cui tentiamo di uscire dalla crisi economica con una rete di imprenditori locali, il governo pensa bene di installare alcune decine di migranti in un paese di poche anime. Così si demolisce un progetto collettivo. La loro presenza sarà un disincentivo per il turismo fuori stagione. Con un rapporto di un profugo ogni due capalbiesi, chi volete che verrà qui?». La Monaci, amante dell'Africa dove trascorre alcuni mesi all'anno, è difficilmente sospettabile di razzismo. «Di solito parcheggio proprio vicino alla struttura d'accoglienza. Quando chiudo il ristorante a notte tarda, vado a piedi a prendere la macchina. A pochi metri ci sono una scuola elementare e un asilo. Io non ho paura di apparire politicamente scorretta: ogni cultura è diversa. La loro considerazione della donna è diversa dalla nostra. In Kenya consiglio sempre alle amiche di evitare di uscire da sole dopo il tramonto. Dovrò farlo anche qui?». Si punterà sull'integrazione, dicono: «Che cosa vuoi che importi loro di integrarsi? Per queste persone l'Italia rappresenta un paese di transito e Capalbio è solo un'area di sosta». Riccardo Manfredi, proprietario dell'Ultima spiaggia, uno dei bagni più famosi d'Italia, è lapidario: «Queste iniziative andrebbero ben organizzate. Se ci avessero dato la possibilità, li avremmo impiegati nelle attività stagionali. Così invece se ne staranno parcheggiati in albergoPurtroppo, in tali condizioni, accadono le cose peggiori». Carolina Terzi, produttrice cinematografica e socialite della zona, non usa mezzi termini: «Non riesco a crederci, mi sembra un'idea folle. Andrebbero mandati in un posto isolato, non nel centro di un piccolo paese. Qui la gente vuole sentirsi al sicuro.

E poi i tempi sono cambiati: c'è un'allerta altissima anche in Italia, il rischio di infiltrazioni terroristiche non andrebbe sottovalutato».

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