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Così le procure mandano l'Italia in serie B

Così le procure mandano l'Italia in serie B

Nonostante fatti magari di più stretta attualità, è sbagliato trascurare l'accumularsi in pochi giorni delle notizie dell'arresto a Napoli di Pier Francesco Guarguaglini (Finmeccanica), delle dure richieste dei pm a Varese nel processo contro Giuseppe Orsi (sempre Finmeccanica) per supposte illegalità nell'acquisire una commessa dal governo indiano, delle nuove indagini a Milano contro dirigenti dell'Eni per un intervento «corruttivo» in Nigeria. Nonché di come questi casi giudiziari paiano quasi collegarsi con strane operazioni di privatizzazione dell'Eni, mescolando questa grande multinazionale con le reti del gas municipali, e infine con il fallimento della quotazione di Fincantieri. Non si tratta qui di voler svelare complotti né di accusare questo magistrato o quel dirigente pubblico. Ci si riferisce a come queste vicende non solo s'inseriscono nella storica ma anche recente liquidazione di quella che va considerata quasi «l'ultima cordata patriottica» (i Mario Mori, i Nicolò Pollari, i Guido Bertolaso e altri simili civil servant) e poi anche in una netta tendenza globale a minare le sovranità nazionali. Dai droni allo spionaggio elettronico, dalla Bnl condannata a New York grazie al pretesto giuridico dell'«usare dollari» in transazioni commerciali illegali secondo Washington, agli accordi dell'Argentina fatti saltare da un altro tribunale americano. Fino all'aspro egemonismo tedesco sulla conduzione dell'Unione europea che ci sta portando alla deflazione.

Nessuno vuole difendere le passate «corruzioni» di Stato, nessuno è molto simpatetico con una Berlino che accentua le tensioni con gli Stati Uniti (insostituito «difensore» di ultima istanza del libero Occidente) proprio in un momento internazionale così terribile. Nessuno rinuncia ad ampie ed evolute forme di integrazione economica europea (e possibilmente transatlantica). Però non sfugge come il processo in atto di crisi progressiva della sovranità nazionale avvenga nel disordine mondiale con responsabilità americane ma in un certo senso ancor più gravi da parte di Berlino. Ecco perché, tornando a casa nostra, si deve stare attenti a far sì che nessuno dall'estero riesca a manovrare per debilitare le poche grandi imprese competitive che ci rimangono o per alimentare investimenti che non puntano sull'Italia ma a svuotarla. Senza accusare nessuno, l'accumularsi di casi, che naturalmente possono avere ciascuno la propria specifica origine ma accadendo in serie autorizzano riflessioni sistemiche, deve spingere a decidere come difendere la nostra pur «relativa» sovranità nazionale.

Infatti non sarà possibile competere con americani, cinesi, tedeschi, francesi, inglesi e così via che contano sul segreto di Stato, sul rapporto tra magistratura inquirente e istituzioni espressioni della sovranità popolare (l'unità della corporazione e il non collegamento tra governo o parlamento e accusa è un'anomalia sostanzialmente italiana), sulla leale collaborazione tra diversi corpi del «proprio» Stato.

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