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Così il "segugio" Giletti ha arrestato Tulliani

Il debutto di Non è l'Arena su La7. Il conduttore attacca la Rai: "Io giornalista, non faccio varietà"

Così il "segugio" Giletti ha arrestato Tulliani

Ametà tra un cinepanettone con ambientazione esotica e una spy story internazionale, protagonista Giancarlo Tulliani, il primo latitante al mondo che chiama la polizia per fare arrestare un altro e finisce in galera lui. Il merito della cattura del cognato di Gianfranco Fini, latitante a Dubai da marzo con un mandato di arresto a suo carico per riciclaggio, non è dell'Interpol ma della troupe di Non è l'Arena, il nuovo programma dell'ex conduttore Rai Massimo Giletti su La7. Il servizio della prima puntata, ieri sera, ha svelato i dettagli della scena fantozziana con cui Tulliani, all'aeroporto di Dubai per accompagnare la fidanzata, dopo l'incontro col giornalista di La7 corre dai poliziotti dell'Emirato quasi ordinando l'arresto del cronista e del suo cameraman («C'è un altro col cappello! Prendetelo! Prendetelo!»), e finisce poi agli arresti dopo la verifica del suo passaporto. Colpisce la sicurezza di Tulliani, che pur essendo un ricercato non viene minimamente sfiorato da dubbio che la polizia possa fermarlo, ma al contrario pretende dagli agenti la tutela della sua privacy («Sono venuto a Dubai per stare tranquillo. Sono una persona perbene e questi giornalisti stanno commettendo una violenza privata. Dovete fermarli!»). L'inviato Daniele Bonistalli viene in effetti fermato dai poliziotti, e con lui anche l'operatore, mentre Tulliani urla «prendetegli il cellulare!». Ma subito dopo anche Tulliani viene arrestato. Racconta il reporter: «Un ufficiale ha detto a Tulliani che risultava un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti. Dieci secondi di silenzio. Poi Tulliani ha cominciato a dire: No, non è possibile. L'ufficiale gli ha chiesto cosa avesse fatto in Italia e lui ha risposto che aveva comprato una casa a basso prezzo ma non c'era niente contro di lui. Poi l'hanno messo nella cella vicino alla nostra e da lì abbiamo sentito la sua telefonata all'avvocato. Era nel panico, gli diceva: Non so cosa fare, dicono che vogliono portarmi in commissariato. Mi conferma che non c'è estradizione? Mi conferma?».

Il sospetto di Giletti è che Tulliani, «nella sua arroganza», fosse sicuro di avere delle protezioni speciali. Invece finisce male. Anche se non è affatto detto che l'arresto, convalidato per due mesi dai magistrati dei Dubai, si trasformi in estradizione in Italia. Un altro latitante a Dubai, l'ex deputato Amedeo Matacena, è sicuro che Tulliani la sfangherà: «Penso che finirà tutto in una bolla di sapone, l'estradizione non sarà concessa e Tulliani se ne tornerà libero». E Fini? Giletti aveva invitato l'avvocato dell'ex leader di An, che però avrebbe imposto al suo legale di non partecipare (in studio l'ex dirigente Rai Guido Paglia rincara: «Fini mi chiese di far lavorare il cognato. Mi rifiutai e ho pagato per questo...»).

Una latitanza d'oro, quella di Tulliani, che ha recentemente trasferito 600mila euro (forse di più) in una banca di Dubai, e che dopo aver vissuto in un residence a cinque stelle, dove si è registrato come «Carlo», ora vivrebbe - ma le persone interpellate dall'inviato di La7 fanno gli gnorri - in un appartamento del celebre Burj Khalifa, il grattacielo più alto del modo dove il costo medio è sui 30mila euro al mese. Una dolce vita, nonostante la gravità delle accuse che pendono in Italia. Per i magistrati a lui va attribuita una «strategia criminale reiterata», agevolata da contatti politici e dalla sua capacità di muoversi a livello internazionale, che giustifica la detenzione in carcere. L'inchiesta vede coinvolto anche Fini, d'intesa con Giancarlo e Elisabetta Tulliani, titolari di società offshore, sulla messa a disposizione di conti correnti per ricevere ingenti somme di denaro collegate al «Re delle slot» Francesco Corallo (anche lui inseguito dalle telecamere di La7, ma senza proferire verbo, come pure la fidanzata di Tulliani, Federica Papadia, intercettata a Fiumicino).

E proprio il rapporto tra Fini e Corallo, secondo la Procura, sarebbe alla base del patrimonio di 5 milioni di euro dei Tulliani, sequestrato a febbraio.

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