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Così tra sfottò e accuse la destra va in frantumi

Il day after delgli ex An: Meloni contro Alemanno, Gasparri ironizza sulla chimera dell'unità

Così tra sfottò e accuse  la destra va in frantumi

Roma Polvere di destra. La due giorni di assemblea della Fondazione An ha certificato la frammentazione di un mondo orfano di un riferimento politico. I cui ex esponenti sono ormai sparsi tra Fdi, Forza Italia, Lega, Ncd, fittiani e verdiniani. Le liti e la guerra di mozioni, la rievocazione di correnti di un partito che non c'è più, gli strappi e gli annunci bellicosi rivolti gli uni contro gli altri da vincitori e vinti, le accuse che al centro degli interessi ci fossero i soldi del «tesoro», più che una direzione comune da prendere, secondo molti hanno finito per archiviare definitivamente l'esperienza del Msi prima e di An poi nei libri di storia.

«Vogliono fare un matrimonio con le regole di un divorzio», ha ironizzato Maurizio Gasparri, fotografando impietosamente il quadro nel quale in assemblea si parlava di ritorno all'unità. L'obiettivo - che il voto di domenica ha assegnato a Fdi - al momento appare complicato da perseguire, anche perché molti dei destri della diaspora non riconoscono affatto al partito di Giorgia Meloni il retaggio - quantomeno in via esclusiva - della tradizione missina e post-missina, tanto da provare in tutti i modi a strappare la fiamma dal simbolo dell'unico partito di destra ancora in campo. E infatti, a spoglio appena terminato i sostenitori della mozione dei quarantenni, che intendevano dar vita a un'associazione con il fine di promuovere un nuovo soggetto politico d'area, hanno detto più o meno chiaramente che andranno avanti con il progetto di un «movimento per la destra unita». Mentre i Fratelli d'Italia hanno cristallizzato il divorzio dagli «altri», ribadendo che le porte del partito sono aperte, ma rivendicando la centralità di Fdi in qualsiasi progetto di aggregazione a destra. Proprio la Meloni, prima ancora del voto sulle mozioni, aveva detto di non sentirsi nella stessa destra di Alemanno e Gianfranco Fini. E quest'ultimo - la cui assenza in assemblea si è notata moltissimo, per dirla con Nanni Moretti - a giochi fatti ieri ha detto la sua. Auspicando un «confronto di idee e non di insulti», ma riservando fiele per la Meloni che «ha detto la verità» perché «la sua concezione della destra non è certo la mia e non è quella di milioni di italiani che votavano An e che oggi non votano Fdi», ha detto l'uomo che, nel 2009, quel partito lo sciolse.

G ianfranco Fini non ha perso, dopo tutto, lo smalto da leader. Convitato di pietra all'assemblea della Fondazione An, è riuscito in un'impresa titanica: mettere d'accordo le diverse anime della destra rimasta orfana del partito che lui stesso ha rottamato. Gli ex aennini non hanno raggiunto l'intesa praticamente su nulla, ma su una cosa sono usciti compatti dalla riunione.

Tutti uniti, contro Fini.

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