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"Così è stato impedito di indagare sui soldi che arrivano ai centri"

Ravetto (Fi): una commissione inquirente senza poteri giudiziari non serve a nulla

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Roma «Ho sempre chiesto che fossero estese le prerogative della commissione Schengen affinché diventasse una commissione inquirente con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, ma mi è stato negato: avrei condotto un'indagine seria che avrebbe portato alla chiusura di alcuni centri». Così Laura Ravetto, componente di Forza Italia della commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza e presidente della commissione Schengen commenta le polemiche sulla mancata pubblicazione di una relazione finale sul tema migranti.

«Le commissioni inquirenti sono tenute a redigere una relazione finale», aggiunge ricordando di essere stata «l'unico presidente della commissione Schengen a pubblicare una relazione sul lavoro svolto, pur non avendone l'obbligo». Il sospetto, osserva, è che non si sia voluto scavare a fondo, non si sia voluto indagare sugli aspetti poco chiari. «La commissione d'inchiesta ha svolto solo audizioni - rimarca - mentre avrebbe potuto acquisire tutti i risultati del lavoro dei magistrati e stabilire se gli stanziamenti per i centri di accoglienza erano corrispondenti ai servizi offerti». Insomma, si sarebbe potuto capire se i famigerati «35 euro al giorno per rifugiato» finanzino tutte le spese dei centri di accoglienza o se qualcuno fa business con i migranti.

Ad esempio, nella relazione approvata il 20 dicembre scorso si sottolinea che in Calabria il 49% delle procedure prevede l'affidamento diretto, in Molise il 43%, in Sardegna il 37 e in Puglia il 29,7 per cento. Così come si evidenziano le situazioni di «oligopolio» nel rapporto enti gestori/strutture di accoglienza: in Trentino Alto Adige mediamente ad un gestore corrispondono 49 strutture, in Umbria il rapporto è 1 a 21, nelle Marche e nel Friuli Venezia Giulia è 1 a 10. D'altronde, basta guardare un dossier di documentazione di Openpolis e Oxfam per evidenziare come non vi sia trasparenza sulla destinazione dei circa 6 miliardi di euro di fondi destinati nel 2016 dall'Italia ai capitoli cooperazione e accoglienza.

Secondo il presidente della commissione Federico Gelli (Pd), «le sei relazioni depositate dalla commissione sono esaustive rappresentazioni del lavoro svolto che è dovuto necessariamente terminare con lo scioglimento delle Camere». Circa la richiesta del capogruppo a Montecitorio di Fi, Renato Brunetta, al presidente Boldrini al rispetto delle norme istitutive della commissione, Gelli replica che convocherà «la commissione dopo il 4 marzo per una presa d'atto finale senza prestarsi a strumentalizzazioni di carattere elettorale». Circostanza contestata da Gregorio Fontana (Fi) nella riunione della commissione di giovedì scorso.

E che Ravetto spiega in altri termini: «Le commissioni di inchiesta funzionano se sono affidate a componenti dell'opposizione: un parlamentare di maggioranza non può sconfessare il ministro dell'Interno imponendo la chiusura o il commissariamento dei centri».

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