Cronache

Così il taglio ai compensi Rai premierà i giovani

È evidente che qualche ripercussione negativa, col taglio delle stelle, ci potrà anche essere, ma l'intero mercato radiotelevisivo se la sta passando maluccio

Così il taglio ai compensi Rai premierà i giovani

Da che pulpito. In questi giorni sono rimasto colpito dalle violente denunce di alcuni servizi tv sulla vicenda dei vitalizi d'oro dei parlamentari. Al di là di certi toni populistici, in un momento di gravissima crisi economica del Paese, alcuni privilegi appaiono, in effetti, piuttosto anacronistici: credo, quindi, che la Rai, in quanto servizio pubblico, faccia bene a puntare il dito, magari senza esagerare, contro gli scandali del Palazzo. Ma, poi, mi sono chiesto: è giusto che la televisione di Stato metta alla berlina i vitalizi dei politici e poi continui a pagare cachet da nababbi a diversi artisti che, nel loro campo, saranno pure i «numeri uno», ma che, con questi chiari di luna, non dovrebbero essere più ricoperti d'oro? In assenza di un definitivo chiarimento, entro aprile, da parte di governo e Parlamento, bene ha, quindi, fatto il consiglio d'amministrazione dell'ente radiotelevisivo, di cui faccio parte, a decidere di applicare anche ai «big» dello spettacolo il tetto dei 240mila euro annui già fissati, dalla fine del 2016, per i dirigenti e i giornalisti del gruppo. Chiarimento opportuno e necessario, quello del Cda, ma il problema è che, subito dopo la delibera, in molti, anche ai piani alti di viale Mazzini, hanno cominciato ad eccepire sulla decisione dei sostenendo che, in tal modo, si darebbe una grossa mano alla concorrenza che avrebbe, così, la possibilità di ingaggiare gli Higuain dello spettacolo pronti a cambiare casacca perché il piatto piange. E senza considerare, aggiungono, che con il forfait delle primedonne, ci sarebbero gravi contraccolpi sul fronte degli introiti pubblicitari della Rai.

È evidente che qualche ripercussione negativa, col taglio delle stelle, ci potrà anche essere per il cavallo morente, ma non dobbiamo neppure dimenticare che è l'intero mercato radiotelevisivo (il caso Sky, con i tagli agli organici, è sotto gli occhi di tutti) che, in questo momento, se la sta passando maluccio. Ergo, tanti soldi per accaparrarsi gli eventuali transfughi non ci sarebbero proprio. Qualche big se ne andrà, d'accordo, ma molti saranno costretti ad imitare l'Annunziata che si è adeguata al tetto delle retribuzioni con grande ed apprezzabile tempismo. Parliamo di un ente pubblico che si regge, soprattutto, con il canone pagato, oggi, da gran parte degli italiani. In tal senso - come ha messo in rilievo anche il presidente della Commissione di Vigilanza, il cinque stelle Fico - è giusto voltare davvero pagina: non possiamo più permetterci un mercato tv in cui la maggior parte delle star fa capo a qualche potente agente televisivo esterno alla Rai che fa il bello e il cattivo tempo. Questi burattinai che fissano i cachet astronomici di qualche artista dovrebbero avere meno spazio di manovra perché non è più tollerabile farci strangolare in questo modo. E se il Parlamento non può mettere ordine nella giungla degli ingaggi, dobbiamo pensarci noi del Cda: gli italiani ce ne saranno grati.

Anche perché non possono più essere sacrificate le professionalità all'interno di un colosso che conta qualcosa come dodicimila dipendenti, tra cui quasi duemila giornalisti: quando si cominceranno a premiare i tanti giovani (e non solo) che scalpitano da anni? E se poi perderemo la Clerici con la Prova del cuoco ce ne faremo una ragione: in un'Italia di aspiranti gourmet, non sarà difficile trovare validi sostituti.

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