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«Così uniremo cervello e pc»

Elon Musk: simbiosi con le macchine grazie a un chip nel cervello. Per una nuova forma di intelligenza artificiale

Andrea Cuomo

Nel magico mondo di Elon Musk le auto sono elettriche, le persone e le merci vengono sparate dentro capsule ad aria compressa, le crociere si fanno nel sistema solare, si paga il salumiere con una password. E i computer possono essere controllati direttamente con la nostra mente.

Il magico mondo di Elon Mask è per l'appunto magico e non va preso proprio alla lettera. Alcune di queste idee funzionano già come PayPal. Altre sono realtà inespresse, senza la diffusione che ci si sarebbe aspettati, come Tesla. Altre sono solo suggestioni a cui stanno lavorando start-up copiosamente finanziate e spesso coi bilanci in rosso, che si chiamano Space X, SolarCity, The Boring Company. E così Musk resta quel personaggio da taluni visto con ammirazione e da talaltri con diffidenza, sospeso tra visione e cialtroneria.

L'ultimo annuncio di Musk entra a gamba tesa direttamente nel nostro cervello. Il visionario sudafricano ha raccontato nel corso di un evento che si è tenuto alla California Academy of Sciences di San Francisco e trasmesso in livestream, che la sua società Neuralink sarebbe in attesa di ottenere dalla Food and Drug Administration americana il via libera per iniziare a testare sugli esseri umani l'interfaccia uomo-computer. Per questo i suoi scienziati intenderebbero praticare su un volontario, con un robot governato da un neurochirurgo, quattro fori da 8 millimetri l'uno nel cranio attraverso i quali con l'ausilio di un ago da 24 micron impiantare nel cervello dei minuscoli elettrodi con cui il paziente sarà in grado di controllare con il pensiero computer e smartphone grazie alla tecnologia Bluetooth. Il «veicolo» di questo miracolo sarebbero dei sensori che si presentano come sottilissimi fili flessibili del diametro compreso tra 4 e 6 micron - per capirci un terzo di un capello - che potrebbero essere inseriti nel tessuto cerebrale senza danneggiarlo in alcun modo e dialogare con la macchina trasferendogli dati e comandi. Sperimentazioni sono state già compiute su topi e una scimmia avrebbe addirittura comandato un pc con il pensiero (magari postando la foto di un gatto su Instagram). Ma naturalmente il cyberprogetto di Neuralink è ancora agli inizi ed è necessario trovare studiosi e ricercatori che vogliano lavorarci su (a questo serviva in fondo la conferenza di Musk) ma anche passare presto alla sperimentazione umana.

Naturalmente Musk ha molto enfatizzato i prodigi che potrebbero compiersi se l'interfaccia uomo-macchina dovesse diventare realtà. Soprattutto in soccorso delle persone con gravi disabilità: i paraplegici potrebbero diventare più autonomi grazie alla possibilità di comandare computer e device, e in un futuro non lontano i ciechi potrebbero riacquistare alcune facoltà visive. Ma certamente sullo sfondo c'è il più controverso orizzonte dell'intelligenza artificiale. Quello che Musk ci indica è il diritto che ciascuno di noi ha di potenziare le sue funzioni cerebrali. Il sol dell'avvenire può passare per dei capelli quasi invisibili, con tutte le conseguenze bioetiche che si possono immaginare in uno scenario fantascientifico in cui bene e male, progresso e orrore si mischiano. Del resto lo stesso Musk ancora cinque anni fa ci metteva in guardia dalla vertgine dell'intelligenza artificiale che definiva «potenzialmente più pericolosa del nucleare».

E a rendere tutto inquietante e metallico c'è il mood angosciante che la letteratura fantascientifica ha sempre accostato all'intelligenza artificiale, legandola strettamente alla sottocultura cyberpunk, pessimista quando non catastrofista. L'uomo in definitiva non esce mai bene dal fidanzamento con il robot. Tra i primi a immaginare la connessione tra uomo e macchina l'americano William Gibson che nel 1984, nel romanzo Neuromante, inventa il personaggio di Armitage, un umano trasformato in involucro per un software che agisce per conto dell'I.A. Invernomuto e plasma la realtà secondo logiche tutt'altro che umane. Di ambientazione distopica e postindustriale anche il film Matrix del 1999 in cui l'hacker Neo, interpretato da Keanu Reeves, scopre di vivere in una simulazione interattiva che riproduce il mondo che conosciamo e che la realtà è un luogo buio e lugubre in cui l'uomo è ormai schiavo delle macchine dotate di intelligenza artificiale create da lui stesso nel XXI secolo.

Parliamo di narrativa, certo.

Ma meglio fare altre letture se proprio vogliamo farci mettere le mani nel cervello e ridurre le distanze tra la nostra magnifica indomabile intelligenza - la cosa più grandiosa che c'è - e quella di un circuito elettronico.

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