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Crac banche, così il Pd frena la commissione che guiderà l'inchiesta

Per prendere tempo i renziani insistono che sia Bicamerale. Le manovre di Grillo su Mps

Crac banche, così il Pd frena la commissione che guiderà l'inchiesta

«Vergogna!». L'ultima scazzottata verbale l'hanno fatta giovedì scorso, nei corridoi di Palazzo Madama, quando cronometro in mano i senatori renziani sono usciti dalla commissione Finanze. Gli esponenti del Pd volevano rimandare ancora la votazione sulla relazione della commissione d'indagine sulle banche. Riguarda lo scandalo del Monte dei Paschi e di tutti gli altri istituti di credito italiani finiti (più o meno) nei guai con i risparmiatori. «Vergogna, rientrare in commissione e votate una volta per tutte», gridavano in faccia ai renziani i cittadini senatori eletti nelle liste del Movimento Cinque Stelle. E nella lite la minoranza Dem si schierava, a mezza bocca, con i grillini, perché sulla storia del Monte la battaglia interna al partito è un fronte sempre aperto. E ai compagni che sbagliano, Lucrezia Ricchiuti, senatrice Pd, già vicina ai «civatiani», spiegava animatamente: «Votiamo o qui esce un bordello, raccontano tutto ai giornalisti e ci sputtanano». Voleva dire «vi sputtanano», ma un minimo di disciplina di partito andava salvaguardata. Così, alla fine, i Renzi-boys hanno dovuto arrendersi, sono rientrati in commissione e hanno provato a salvare la faccia: relazione approvata.

Ora, approvata la relazione, potrebbe finalmente partire la commissione d'inchiesta sulle banche, quella che pare spaventi davvero l'ex Partitone. Si usa il condizionale, perché un nuovo stratagemma è in agguato. Domani si torna in commissione e la combriccola di Renzi sta cercando una nuova soluzione per prendere tempo: non più commissione al Senato. Meglio mettere insieme senatori e deputati, l'esperienza insegna che in Italia non sempre una Bicamerale arriva al traguardo. Non in tempi ragionevoli e spesso senza ottenere i risultati sperati. Il senso della storia è: la battaglia del Monte dei Paschi è sempre aperta, il Pd che è ancora legato all'ex premier Renzi non ha nessuna intenzione di mollare la presa. Deve però giocare su due fronti: deve mostrare pubblicamente di volere chiarezza sul dissesto bancario che sarà risanato con i quattrini dei contribuenti e allo stesso tempo non può rinunciare alle posizioni di forza acquisite in questi decenni. Per questo prende tempo, incalzato da tutte le opposizioni. Con una particolare attenzione da parte dei Cinque Stelle. Che non riescono a frenare una forte attrazione nei confronti del Monte dei Paschi di Siena. Pure i pentastellati vogliono giocare su due fronti, alternando flash-mob a sostegno dei risparmiatori e incontri riservati con dirigenti del Mps. La «relazione» doveva rimanere segreta, ma qualcosa non ha funzionato: all'inizio di gennaio è trapelata la notizia di un incontro tra Davide Casaleggio e Andrea Cardamone, amministratore delegato di Widiba, banca online del Monte. Incontro confermato dallo stesso Beppe Grillo. Il quale, spiazzato, colse l'occasione per dire che la notizia era vera, falsa la volontà del Movimento di mettere le mani sulla banca. Senza ovviamente spiegare perché, senza dare motivazioni sulla nature dell'incontro. E, ovviamente, senza mai citare (come avrebbe dovuto fare) il Monte dei Paschi, giusto per non allarmare i grillini più intransigenti. Incontro comunque svelato e così il giorno dopo il telefono di Cardamone ha iniziato a squillare. Erano i «referenti» renziani di Siena, preoccupati dell'assalto Cinque Stelle alla «cassaforte» rossa. L'amministratore Widiba ha rassicurato la sinistra, poi ha guardato l'agenda.

Sperando di poter fissare presto un nuovo appuntamento con Casaleggio.

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