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La crociata di Di Matteo, pm anti Berlusconi e "ministro" dei grillini

Il magistrato attacca il leader azzurro che ha fatto saltare il governo Lega-M5s

La crociata di Di Matteo, pm anti Berlusconi e "ministro" dei grillini

La solita tempistica della toga. Silvio Berlusconi attacca il Movimento Cinque Stelle e Nino Di Matteo, magistrato antimafia innamorato dei grillini, se la prende con il leader di Forza Italia.

Il Cavaliere è colpevole, soprattutto di aver fatto saltare i piani di Luigi Di Maio per un governo Lega-M5s. E venerdì, nel giorno della sentenza di primo grado del processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, è partita la contraerea. Di Matteo ha così argomentato, in merito alla condanna di Marcello Dell'Utri: «Oggi la correlazione con Cosa Nostra non riguarda il Silvio Berlusconi imprenditore ma il Silvio Berlusconi politico». Il magistrato, nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha proseguito: «Dell'Utri ha fatto da cinghia di trasmissione tra le richieste di Cosa Nostra e l'allora governo Berlusconi, che si era da poco insediato». Forza Italia ha annunciato querela, ma quello che desta maggiore sospetto nell'intemerata dell'eroe della trattativa è, appunto, il tempismo. Berlusconi nella stessa giornata aveva stroncato ogni ipotesi di accordo tra il centrodestra e il M5s. E Di Matteo, che per molti sarà pure una specie di santino, di certo non è imparziale.

L'amore con i 5 Stelle, dopo anni di abboccamenti reciproci, scoppia ufficialmente a fine maggio del 2017. Il pm della trattativa, sostituto alla Direzione Nazionale Antimafia, va a Montecitorio e partecipa al convegno organizzato dai deputati del Movimento sulle «visioni e questioni della giustizia». Nel parterre ci sono anche Marco Travaglio, giornalista preferito dei grillini, e Piercamillo Davigo, l'ex pm di Mani Pulite che Beppe Grillo voleva addirittura come candidato premier. Già allora si parlava di Di Matteo come del possibile Ministro dell'Interno del governo a 5 Stelle. Lui si schermiva: «L'impegno in politica di un pm non mi scandalizza». E a chi gli domandava se volesse sedersi sulla poltrona del Viminale non rispondeva. Né conferme né smentite. Ma si dice che l'operazione non gli dispiacesse affatto. Nel frattempo l'eroe, dopo la dipartita di Antonio Ingroia, a Palermo ha continuato ad occuparsi del processo sulla trattativa. E, all'inizio di novembre dell'anno scorso, ha convinto la Procura di Firenze a riaprire il procedimento sulle stragi del '92-93. Per la toga amica dei 5 Stelle toccava ripartire dalle dichiarazioni del pentito Giuseppe Graviano, che parlavano di Berlusconi come del «mandante» di quelle bombe.

Ma la fedeltà grillina e l'ossessione per il Cav non sono bastate per la scalata al Viminale o al Ministero della Giustizia. Luigi Di Maio, nella sua squadra di ministri, ha indicato, rispettivamente, per i due dicasteri la criminologa dell'Università Link Campus Paola Giannetakis e il fedelissimo avvocato siciliano Alfonso Bonafede. Però Di Matteo non ha abbandonato il campo dell'impegno tra le fila pentastellate. Il 7 aprile scorso, a Ivrea durante la kermesse organizzata da Davide Casaleggio, l'intervento del pm è stato tra i più applauditi. In quell'occasione Di Matteo aveva parlato di un «patto tra Berlusconi e la mafia durato 18 anni».

Standing ovation del pubblico. Dallo stesso palco la star giudiziaria del M5s si era fatta portavoce del programma di Di Maio sulla giustizia. Dagli «agenti provocatori» anti corruzione fino «all'ampliamento dell'uso delle intercettazioni». Insomma, niente di nuovo sotto le 5 stelle.

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