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Il Csm: è lecita la consulenza con il governo del pm di Arezzo

Il Csm: è lecita la consulenza con il governo del pm di Arezzo

Roma Una consulenza «tecnica» e gratuita con Palazzo Chigi, senza contatti politici, né conoscenza diretta con il ministro Maria Elena Boschi, suo padre e suo fratello.Così il procuratore reggente di Arezzo Roberto Rossi, che indaga su Banca Etruria, nell'audizione di ieri ha convinto la prima commissione del Csm che non pesa su di lui un'incompatibilità ambientale o funzionale.«Da quello che abbiamo approfondito oggi - spiega Renato Balduzzi, relatore e presidente della commissione-, non c'è un caso Rossi: c'è un magistrato che dà prova di imparzialità e indipendenza in un ambiente giudiziario come può essere quello di una città di provincia».Il procuratore ha fatto una ricostruzione dei tempi e della natura del suo incarico alla presidenza del Consiglio, in parallelo con le fasi dell'inchiesta, che l'altro relatore, Piergiorgio Morosini, definisce «lineare, dettagliata e molto plausibile». Eppure, la coincidenza temporale tra i due impegni c'è, visto che il primo filone di inchiesta risale all'autunno 2013, pochi mesi dopo l'avvio della consulenza di Rossi con il Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi guidato da Carlo Deodato, continuata quando nel luglio 2014 è diventato procuratore di Arezzo, prorogata fino al 31 dicembre prossimo. Ma il pm spiega che si è trattato solo di pareri tecnici su disegni di legge, inviati per email, senza contatti a Roma con politici che avrebbero potuto influenzare il suo lavoro di inquirente. «L'impressione che abbiamo avuto - dice Balduzzi- non è quella di un rallentamento delle indagini, ma anzi di tempestività».Tutto finito, dunque? Non ancora, perché la commissione ha richiesto le relazioni della Banca d'Italia su Banca Etruria per verificare tutte le dichiarazioni di Rossi. Le avrà fra pochi giorni e l'11 gennaio tirerà le conclusioni.La vicenda rimane spiacevole, almeno per l'immagine esterna data dal pm-consulente e per le polemiche scoppiate.

Così, il laico Fi Pierantonio Zanettin chiede ora uno stop ai «doppi incarichi» per i capi delle procure.

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