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Dai pm all'articolo 18: Renzi prende a schiaffi vent'anni di sinistra

Il programma dei "Mille giorni": dl per il lavoro e affondo sui giudici. S'infuria l'Anm. No al voto anticipato: elezioni se saltano le riforme

Matteo Renzi al Senato
Matteo Renzi al Senato

Matteo Renzi mette i suoi, quindi la sinistra, di fronte a un'alternativa: andare alle elezioni oppure utilizzare il resto della legislatura per fare le riforme molto diverse da quelle che la stessa sinistra ha predicato e realizzato negli ultimi venti anni.

Doveva essere un discorso tutto in difesa, ma il premier prima in Parlamento e poi alla direzione Pd, ha deciso (almeno a parole) di rilanciare, partendo proprio dai temi che surriscaldano maggioranza e Partito democratico: dalla riforma del lavoro, alla giustizia (comprese le vicende giudiziarie che hanno coinvolto i vertici dell'Eni) fino alla legge elettorale.

La mattina è iniziata alla Camera. E il premier ha fatto capire da subito che la riposta alle emergenze dell'economia dovrà essere radicale. «Mille giorni sono l'ultima chance per far ripartire il Paese, non una dilazione. Dobbiamo rimettere in pista l'Italia». Quindi riforme subito e a tutti i costi. «Io sono disponibile a correre il rischio di perdere le elezioni, ma non sono disponibile a perdere tempo». Affermazioni che poi il premier ha parzialmente corretto perché sono state prevedibilmente interpretate come la volontà di resettare tutto con il voto: «Non è assolutamente così».

Rettifiche a parte, il messaggio è arrivato a destinazione per quello che è, un «prendere o lasciare». La legge elettorale va fatta «rapidamente». È «un atto di dignità delle istituzioni». La legislatura può arrivare al 2018, «a condizione di mettere in campo le riforme necessarie come quella Pubblica amministrazione, fisco, lavoro, giustizia, diritti civili, scuola, riforme istituzionali ed elettorali».

Sul lavoro Renzi fa capire che la posta in gioco è alta (l'Ue ci chiede interventi radicali) e lancia l'intenzione di andare avanti anche con un decreto «perché non possiamo perdere anche un secondo in più». Il modello è la Germania (quindi un mercato molto più flessibile del nostro). In Italia il mondo del lavoro è «basato sull'apartheid» che divide i cittadini «in serie A e B» e quindi «il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi». Un accenno all'articolo 18, arriva alla direzione Pd in serata per dire che «è una discussione che va fatta. Ma dovrà avere un primo pacchetto di interventi sugli ammortizzatori sociali, e allora hai bisogno di più denari». Quindi tutto rinviato.

Ma nonostante lo sforzo di deideologizzare il tema, l'ala labor del suo partito capisce che la volontà di Renzi è cambiare tutto. Stefano Fassina lo accusa di voler portare i lavoratori «in serie C». L'ex ministro Pd Cesare Damiano dice che il modello tedesco è stato già attuato da Monti.

Nessuno sconto nemmeno su un altro argomento chiave delle ultime settimane: la giustizia e le ferie dei magistrati. «Nessuno pensa che riducendole risolveremo i problemi» del civile, ma «nessuno pensi che sia giusto» avere «45 giorni di ferie per un servizio così delicato». Toni anti giustzialisti sulle garanzie degli indagati: «Arrivare a sentenza preventiva sulla base dell'iscrizione nel registro degli indagati è un atto di barbarie». Ragionamento che porta direttamente al caso Eni: «Non consentiamo a uno scoop di mettere in crisi dei posti di lavoro o a un avviso di garanzia citofonato sui giornali di cambiare la politica aziendale di un Paese». Abbastanza per aggravare lo scontro con l'Anm. «Nessuna interferenza» sull'Eni. «Non servono slogan», ha risposto l'associazione dei magistrati, ma «riforme vere, che devono essere efficaci. E purtroppo quello che abbiamo visto sinora è molto deludente».

I toni del premier sono quasi berlusconiani e in Parlamento sembra quasi arrivare un'offerta di collaborazione con l'opposizione di centrodestra, oltre le riforme istituzionali quando Renzi auspica una «strategia condivisa di riduzione fiscale», a partire dall'Irap. Il discorso piace al Nuovo centrodestra, ma poi Renzi mette sul piatto anche i temi non compatibili con posizioni centriste: «Al termine dei mille giorni ci sarà una legge sui diritti civili», quindi sulle unioni civili. Cambiano i bersagli, ma il senso è lo stesso. Le scelte del governo, d'ora in poi, le farà lui con chi ci starà.

Altrimenti, c'è il voto.

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