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D'Alema-Alfano, flop pure col 5 per mille

Solo 46 donatori per "Italianieuropei", la fondazione dell'ex premier. Male anche quella del ministro

D'Alema-Alfano, flop pure col 5 per mille

Inutile girarci intorno. I contribuenti italiani hanno rifilato un sonoro schiaffone a Massimo D'Alema e ad Angelino Alfano. In fondo quella del 5 per mille Irpef può essere considerata come una sorta di «elezione fiscale». Nella dichiarazione dei redditi, e in proporzione ad essa, si può decidere a quale ente non profit destinare una parte della propria imposta. Ebbene, gli ultimi elenchi appena pubblicati dall'Agenzia delle Entrate, relativi alle dichiarazioni 2013, forniscono alcuni responsi inequivocabili. E fanno sorgere domande sull'opportunità che alcun enti continuino a partecipare a una distribuzione di risorse nata per privilegiare attività socialmente rilevanti. Si prenda l'ormai «famosa» fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema. Dalle liste appena diffuse dal Fisco risulta aver ottenuto la miseria di 46 preferenze, per un incasso totale di 6.600 euro. In pratica si è classificata ultima tra tutte le fondazioni politiche che ogni anno, con una certa dose di faccia tosta, vanno alla questua del 5 per mille. Ma i contribuenti hanno chiuso la porta in faccia pure alla fondazione Alcide De Gasperi guidata dal ministro dell'Interno Angelino Alfano: in questo caso 59 preferenze per complessivi 6.700 euro. Che poi, a dirla tutta, se si guarda alle pieghe del meccanismo viene fuori che Alfano è riuscito a far peggio di D'Alema. Mentre infatti la fondazione Italianeuropei ha concorso all'ottenimento del 5 per mille Irpef degli italiani nella sola categoria del volontariato, la fondazione De Gasperi del titolare del Viminale si è presentata nelle categorie del volontariato e della ricerca scientifica, ottenendo solo una manciata di preferenze in più rispetto all'ente di «baffino».

E qui sorgono i primi interrogativi. Ma che diavolo c'entrano le fondazioni Italianieuropei e De Gasperi, organismi in tutto e per tutto politici, con i settori del volontariato e della ricerca scientifica? Precisiamo subito: la loro partecipazione alla distribuzione del 5 per mille è del tutto lecita, vista la configurazione giuridica di enti non profit. Ma è chiaro che lo spirito della legge, che tende a favorire il volontariato vero e la ricerca scientifica vera, risulta tradito dall'accesso alle liste di enti di ogni tipo. Se non altro ci hanno pensato i contribuenti a relegare nei bassifondi della classifica le organizzazioni di D'Alema e Alfano. Tanto per fare un raffronto, in cima alle scelte degli italiani, con 1 milione e 724 mila preferenze, c'è l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, che ha incassato in tutto più di 54 milioni di euro.

Che poi sono altre le fondazioni politiche che hanno «aspirato» soldi. Dagli stessi elenchi spunta la fondazione Lelio e Lisli Basso, presieduta dall'ex parlamentare europea dei Ds Elena Paciotti e dotata di un Cda con dentro l'ex ministro Pd Fabrizio Barca e Stefano Rodotà. Con 269 preferenze è riuscita a portarsi a casa 13.015 euro. Anche la fondazione Basso ha partecipato alla distribuzione dei soldi presentandosi in entrambe le categorie, volontariato e ricerca scientifica. Ma che senso ha? Per non parlare di come negli elenchi ci siano anche enti legati ai cosiddetti poteri forti. Nel settore del volontariato, per esempio, abbiamo la fondazione Marcegaglia, costituita dalla famiglia dell'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Inutile dire che, pur riconoscendo il valore delle attività benefiche svolte, una fondazione di questo tipo ha a disposizione ben altri e più ricchi canali di finanziamento. E invece la ritroviamo a concorrere per l'ottenimento del 5 per mille Irpef degli italiani. Anche in questo caso, però, i contribuenti hanno lanciato un segnale piuttosto netto. Per la fondazione Marcegaglia ci sono state solo 29 preferenze per 4.

274 euro.

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