Politica

Dall'amaranto al giallo I partiti si fanno la tinta

Bersaniani, Salvini e Parisi: la scelta del colore diventa una precisa strategia

di Paolo Bracalini

Finite le ideologie sono rimasti i colori. Più tenui però dei vecchi rosso e nero novecenteschi, tonalità nuove come l'amaranto scelto da Pietro Grasso per Liberi e uguali, una derivazione del rosso sinonimo della sinistra ma meno aggressivo: «Lo sfondo è amaranto, colore che per gli antichi romani significava protezione» sostiene l'ex magistrato e neoleader. A sinistra il rosso Pci è rimasto ma aggiornato in versione tricolore, come nel simbolo del Pd (La P è verde, il rosso è solo lo sfondo della D in bianco) e così pure dei fratelli coltelli di Mdp-Articolo Uno (l'«Uno» è rosso, l'«Articolo» verde). Il blu-azzurro si conferma il colore dominante nell'area centrodestra. Secondo gli esperti, il blu «infonde fiducia e sicurezza (rappresenta per questo organismi internazionali come Onu, Unione Europea, Unicef)» e «in politica, come in pubblicità, quando si vuole ottenere approvazione, si ricorre a toni che vanno dagli azzurri al blu, non a caso simbolo dell'aristocrazia». Dagli azzurri di Berlusconi, al blu di sfondo di Fratelli d'Italia, al blu anche di Matteo Salvini. Anche la sua Lega a vocazione nazionalista ha infatti messo da parte il verde padano per utilizzare il blu, una scelta che riprende il format di Donald Trump («Make America great again», su sfondo appunto blu), in questo caso con la scritta «Salvini premier».

Dopo la stagione dei sindaci arancioni (Pisapia, De Magistris, Doria, Zedda), quella della sinistra arcobaleno, la fase del popolo viola («È il colore degli estremi, ma non degli estremismi» spiegò il leader Gianfranco Mascia), e il grigio della fase Monti (al limite, il verde scuro del loden simbolo di rigore), ultimamente va forte il giallo. Stefano Parisi lo aveva già scelto per la campagna da candidato sindaco di centrodestra a Milano («il giallo dei tram, il giallo del risotto, il giallo che è il colore dei giovani»), evitando le tonalità dell'azzurro per rimarcare la propria autonomia dai partiti di centrodestra. Poi il colore si è confermato anche per il suo movimento, «Energie per l'Italia», il giallo dell'elettricità («Idee per riaccendere il paese»). Ma il giallo ha tentato anche Matteo Renzi. Quando i militanti Pd si sono mobilitati a Roma, in maglietta gialla, contro il degrado della città amministrata dai grillini, il segretario ha trovato ispirazione cromatica: «Le magliette gialle diventeranno sempre più un marchio di fabbrica del nuovo Pd». E il giallo è stato scelto anche da Nello Musumeci per la sua campagna vittoriosa in Sicilia, «il giallo è il colore della Sicilia», il giallo dei limoni e delle ceramiche di Caltagirone.

E il Movimento Cinque Stelle? La descrizione del simbolo, di proprietà di Beppe Grillo, è dettagliata nel «non-statuto» del M5s: la V di moVimento «è scritta in rosso», mentre «nella metà inferiore del campo, disposte orizzontalmente, cinque stelle a cinque punte di colore giallo, più chiaro nella parte alta e più scuro nella parte bassa». Ma i colori non sembrano fondamentali nel logo M5s, dove domina il bianco.

Un non-partito con un non-statuto non poteva che scegliere un non-colore.

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