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Dalle urla all'accordo segreto M5s indossa il doppiopetto

Addio allo streaming, l'intesa elettorale trovata a Palazzo Così i grillini entrano a far parte del sistema che odiavano

Dalle urla all'accordo segreto M5s indossa il doppiopetto

C'era una volta il Movimento 5 Stelle del No a tutto e tutti. Del vaffa, del «mandiamoli a casa», del non trattiamo con nessuno e non ci alleiamo su nulla. C'era una volta il Movimento dello streaming, che utilizzava le dirette via web per dimostrare la propria diversità nell'affrontare a petto in fuori i «nemici» e quando possibile deriderli e prenderli in giro in nome di una superiorità morale solo e soltanto presunta. C'era una volta il Movimento che inorridiva al pensiero di essere definito partito perché partiti erano gli altri, loro erano un'altra cosa. C'era e adesso non c'è più. Ora il M5s è un partito a tutti gli effetti che (ed era l'ora) capita possa trattare con gli altri gruppi, possa incontrarli da pari a pari e, udite udite, arrivare a una sintesi condivisa evitando di gettare alle ortiche quel 25% di consenso popolare.

L'accordo sulla legge elettorale con Pd e Forza Italia è il battesimo istituzionale dei grillini, il primo caso in cui una trattativa è stata possibile e porta a buoni frutti dopo che in questi 4 anni di legislatura i 5 stelle si sono distinti per il loro «No» a prescindere, anche contro il buonsenso e le proprie convinzioni.

Sembra passato un secolo da quel 27 marzo 2013 quando Vito Crimi e Roberta Lombardi incontrano in diretta Pier Luigi Bersani discutendo, o meglio fingendo di farlo, della possibile composizione di un governo a guida dell'ex segretario Pd. O da quel 19 febbraio 2014 quando Grillo in persona incontro il nemico di sempre Matteo Renzi, meeting strategico più simile a uno spettacolo a due che a una consultazione, finito col celebre «Esci da questo blog» renziano. Ora il Movimento 2.0 parla nel segreto delle stanze del potere, si incontra col Pd che una volta era rappresentante del potere marcio e sceglie un sistema elettorale condiviso con tutti (salvo poi non sottrarsi alla farsa del voto online sul blog). Da antisistema a parte piena del sistema che diceva di combattere. Da strumento di protesta a strumento del potere. Né più né meno che un altro qualsiasi partito.

Eppure i «No» in Aula sono sempre arrivati. Spesso contro il buonsenso, a volte anche contro le proprie sbandierate convinzioni. No, esclusivo, alla proroga delle missioni italiane all'estero approvato alla Camera; no alla legge sul «dopo di noi», a favore delle famiglie con figli disabili; voto contrario alla legge sul cyberbullismo. Voti contrari sono arrivati anche contro le proprie più ferme convinzioni, come la proposta del reddito di inclusione, perché diverso da quello di cittadinanza, e al limite per legge di due mandati per i parlamentari, forse perché ritenuto esclusività grillina. Opposizione anche al tetto agli stipendi per i dipendenti Rai che loro stessi hanno più volte promosso.

Ora il Movimento è cambiato, almeno in parte. Da tempo è infatti iniziato un tentativo di accreditarsi nei confronti dio quelli che loro stessi hanno sempre chiamato «poteri forti» che altro non sono se non i rappresentanti del mondo istituzionale e della società civile. Il tentativo è chiaro: provare a far credere che di non essere solo un fenomeno di protesta ma che sarebbero davvero in grado di governare l'Italia. Da qui il summit organizzato da Davide Casaleggio a Ivrea, anche nel tentativo di creare una sorta di «intellighenzia a 5 stelle», e gli incontri del candidato premier in pectore Luigi Di Maio con banchieri e imprenditori.

Non è un caso che i sondaggi diano il Movimento 5 stelle in calo, leggero ma costante, perché a parte l'ala fideista che segue il leader e il partito a prescindere, in molti tra i militanti più inclini al ragionamento autonomo si sono accorti che il M5s non è più quello delle origini. Meno proteste inutili e meno pagliacciate ne fanno qualcosa di più serio e più credibile ma non è facile spiegare a chi ha voglia di trasferire le proprie grida nella cabina elettorale che cosa si è diventati. Il militante grillino tipo, quello del «Vaffa day» non vuole ragionare, vuole solo odiare e urlare e protestare. Sia mai che si trovino soluzioni e compromessi che possono servire al Paese. Un cane che si morde la coda per il più contraddittorio dei partiti.

O dei movimenti.

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