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"Dall'estero la sveglia a Roma ma basta con i toni spregiativi"

Carlo Vanzina replica alle accuse del "New York Times" sul degrado: "È sotto gli occhi di tutti, ma abbiamo anche bellezza e cultura"

"Dall'estero la sveglia a Roma ma basta con i toni spregiativi"

Un po' americano lo è, Carlo Vanzina: in questi giorni d'afa capitale sta selezionando gli attori per l'erigendo film commedia scritto insieme al fratello Enrico, Miami Beach , con Ricky Memphis e Max Tortora. Cast romanissimo e regista super quirite, in ogni caso, per una scanzonata storia di italiani sulle spiagge dorate della Florida. E a parlare degli attacchi mossi dal New York Times , ogni giorno uno schiaffo alla Città Eterna, che d'imperituro sembra avere la monnezza soltanto, non si fa un soldo di danno. Anzi.

Carlo Vanzina, da romano doc si sente sotto schiaffo, dati i ripetuti attacchi del New York Times ?

«Certo. Però qualcuno doveva pur sottolineare uno stato di cose, che è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno. Roma non doveva essere abbandonata in questo modo e il New York Times ci ha dato la sveglia. Trovo giusto, quindi, che ci sia chi scrive di tale degrado. Anche se in toni allarmanti e a volte spregiativi. E pensare che, dalla nostra parte, abbiamo la bellezza, l'arte, il clima, i colori, il cibo».

Come giudica l'invito di Alessandro Gassmann a usare la ramazza senza aspettare l'intervento dello Stato?

«Scope? Ramazze? Ma che è? Miracolo a Milano di Vittorio De Sica? Te lo immagini, la gente che vola sui propri quartieri, a cavallo della scopa, e poi plana giù a pulire, ognuno la strada di casa sua? Come minimo, Alessandro Gassmann dovrebbe capitanare questo sciame di romani a cavallo delle scope (ride, ndr ). Paghiamo già tante di quelle tasse che lo Stato dovrebbe provvedere da solo, o no? O le tasse che paghiamo servono solo a ingrassare la casta? Questo tipo di volontarismo mi sembra inutile e dannoso».

Non è che i continui attacchi della stampa anglosassone mirano ad azzoppare la candidatura di Roma alle Olimpiadi prossime venture?

«Non credo: il fenomeno della monnezza è assai vistoso. Però ritengo che Roma sia più che adatta a ospitare le Olimpiadi. Basti ricordare quelle, meravigliose, degli Anni Sessanta. E non dico così perché, all'epoca, ero un ragazzo. Non sono un nostalgico, insomma. Di sicuro, bisognerebbe attrezzarsi sotto il profilo della mobilità. Però la Capitale, prima d'essere una discarica a cielo aperto, stando a quanto riporta il New York Times e a quello che osserviamo quotidianamente, è un luogo di enorme bellezza. Le Olimpiadi a Roma potrebbero incentivare il turismo, che ora soffre di enormi carenze organizzative».

Un altro tema bollente, a Roma, è quello del Giubileo: siamo pronti?

«Io questo Giubileo non lo capisco. Non ne comprendo la necessità. Una città dissestata come Roma potrebbe non reggere all'onda d'urto dei tanti pellegrini. È che non c'è il tempo necessario a prepararsi».

In tale contesto, tra corruzione e degrado, è più che mai attuale il suo «instant movie» su Mafia Capitale. A che punto siete con «Il mondo di mezzo»?

«In verità, si tratta d'un film commedia, che avevamo scritto già tempo fa. Lo tenevamo nel cassetto, ma poi è diventato di stringente attualità. Diciamo che Mafia Capitale è un tema che non passa mai di moda, come i personaggi alla Buzzi e Carminati. Lo stiamo preparando. Ce l'abbiamo in cantiere, dopo Miami Beach e un'altra commedia con Vincenzo Salemme. E speriamo che ce lo facciano fare».

In che senso? Chi potrebbe impedirvelo?

«Nel senso che qualcuno potrebbe metterci i bastoni tra le ruote. Speriamo, allora, che questo non accada».

Roma è la sua città, i Parioli il suo quartiere, ma è cambiata profondamente anche questa zona, un tempo popolata da veri ricchi e finte bionde...

«Ai Parioli votano tutti a sinistra, si vestono come se vivessero a Santa Monica, California, dandosi un'aria hippy-chic che poi sfocia nel cafonal. Le finte bionde esistono ancora e parlano solo di soldi: quelli che gli hanno rubato, quelli che devono al commercialista. E poi spiegano come si dovrebbe governare questo Paese di ladri, naturalmente evadendo le tasse. Di solito, i pariolini non votano perché impegnati nei week end lunghi. Però si arrabbiano se i direttori dei supermarket di zona cercano di allontanare gli zingari, che elemosinano all'ingresso».

Il pianeta Vanzina un tempo era abitato da bei ragazzi in Vespa, feste al Piper, viaggi a Londra della Roma-bene. Oggi sarebbe possibile ambientare a Roma, così com'è diventata, una romantica storia d'amore, come ai tempi di «Il cielo in una stanza»?

«La vedo difficile, perché i borghesi, con i loro figli, sono finiti. Ed è finita pure una certa atmosfera sognante, pulita che era ed è piacevole raccontare. Gli scherzi, le feste, i primi approcci con le ragazze. Oggi la situazione generale si è imbarbarita, s'è fatta più violenta. I mostri degli Anni Ottanta, rispetto a quelli contemporanei, sembrano pallida cosa. Eppure, io e mio fratello Enrico, con le nostre finte bionde, gli affaristi, i puttanieri, i mazzettari, siamo stati lungimiranti.

Nei miei film ho messo dozzine di persone che conosco e non ce n'è uno che si sia riconosciuto».

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