Politica

Il dandy è morto. Lo stile italiano no

Buongusto, tessuti raffinati, cura dei dettagli: l'eleganza è comoda ma impeccabile

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Firenze «Dandy is dead» titola il New York Times a proposito del Pitti numero 94 in corso a Firenze fino a domani. L'autore dell'articolo che per la cronaca si chiama Guy Trebay e una decina d'anni si è fatto notare per un'inchiesta sul tema «la moda italiana ai tempi delle zoccole», sostiene che adesso è l'ora del «fugly», termine traducibile con «cesso». Non è una bella cosa da leggere di prima mattina soprattutto se poi hai appuntamento con Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore filosofo che al mercato americano deve il 33% degli oltre 500 milioni di euro fatturati nel 2017. Le sue proposte per l'estate 2019 sono agli antipodi dello stile «fugly»: un uomo giovane e sportivo ma in ogni caso di estremo buon gusto, l'equivalente contemporaneo de Il Grande Gatsby se Fitzgerald fosse stato italiano. «La chiave di volta è questa spiega Brunello quel certo non so che di morbido che passa dalla giacca a un petto e mezzo ai pantaloni un po' più comodi sulla gamba ma sempre impeccabili. Ci vogliono i colori dell'Italia, i tessuti che nessuno sa trattare come noi, la nostra cura dei dettagli». Basta in effetti poco per scivolare nella trascuratezza se al posto del jeans consumato e rammendato ad arte ne indossi uno banalmente strappato. Diventi come niente un «fugly» se invece delle scarpe con il guardolo bello alto ma non esagerato, scegli quei nuovi inquietanti modelli di sneaker che sembrano addirittura carenati.

C'è insomma un bel gioco di equilibrio perché è vero che il dandy è morto (era solo ora, a dire il vero) ma al posto suo il made in Italy propone valide alternative tutte da scoprire. È il caso di Lardini che festeggia 40 anni di «amore, sofferenze, soddisfazioni e lavoro» con una divina collezione dedicata alla Costa Azzurra e alle spettacolori grafiche di Renè Gruau. Due impeccabili giacche con il logo del fiore a jacquard nella maglia oppure tramato ton sur ton nel tessuto senza peso, verranno esposte in tutte le vetrine del mondo il prossimo 19 settembre, giorno del quarantennale di un'azienda familiare che ormai dà lavoro a 1300 persone tra dipendenti diretti e nell'indotto. Da Paoloni si parla invece di «smartwear» ovvero quel modo di vestire furb'o che ti permette d'indossare un doppiopetto senza sentirti come ingessato nel vestito del nonno, un magnifico bomber sartoriale e reversibile: da una parte in misto lino color tabacco, dall'altra in tessuto tecnico blu. Anche qui ci sono le giacche in jersey confortevoli come un pullover, ma dotate comunque di aplomb per non parlare degli abiti wash & wear che si possono sbattere senza problemi in lavatrice per via di un'intelligente costruzione in tessuti e fodere indeformabili, antipieghe e antiodore. Non resta che preoccuparsi della camicia, magnifica ossessione del defunto dandy ma in ogni caso irrinunciabile per un uomo vestito decentemente. «Noi stiamo sviluppando anche prodotti collaterali come felpe, maglie e T-shirt senza comunque rinunciare a ciò che ci contraddistingue: le belle camicie con un certo sapore». Ecco infatti una collezione con due temi interessante: il jeans in tutte le sue declinazioni dal denim ricamato allo chambray e la riedizione dei modelli americani anni Cinquanta con mezze maniche e disegni stile Elvis Presley.

Intorno un mare di camicie bianche una più bella dell'altra perché con buona pace del New York Times la moda italiana conosce il segreto di una normalità molto speciale.

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