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Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi

Il leader dell'Anm prima non fa sconti al governo poi innesca la retromarcia. Ma Palazzo Chigi trema. I rumors: arriveranno conversazioni choc sul premier

Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi

In un crescendo rossiniano, l'alterco tra magistrati e politici alza i toni fino a far tremare i vetri di Palazzo Chigi.

Perché quando Piercamillo Davigo denuncia l'Italia in cui «hanno vinto i corrotti», che «rubano più di prima ma non si vergognano», accusa i partiti di complicità, mette destra e sinistra sullo stesso piano e nega che il governo Renzi sia diverso: «Fa le stesse cose».

Il presidente dell'Anm è stato appena eletto e deve farsi sentire, vuol dire chiaro al premier che ha tagliato le ferie alle toghe, riformato la responsabilità civile e continua ad attaccare le toghe minacciando di mettere un freno all'abuso di intercettazioni, che l'aria è cambiata dalla giunta Sabelli.

Ma il premier perché ha scelto lo scontro frontale, soprattutto dopo l'inchiesta di Potenza, provocando reazioni così dure? Giorni fa una risposta l'aveva data Paolo Mieli, ora è Giuliano Cazzola a parlare di voci «sempre più insistenti secondo le quali su Renzi si scatenerà una massiccia offensiva mediatico-giudiziaria con relativa pubblicazione di conversazioni telefoniche di contenuto imbarazzante». Sembra alludere, più che a fatti penalmente rilevanti, a espressioni «fuori dalle righe» che, come ai tempi della conversazione con il generale Adinolfi su Letta «incapace», possono far saltare gli equilibri politici. L'economista cita l'inchiesta di Potenza e ricorda anche che «Renzi non è un parlamentare e quindi per poterlo sottoporre a intercettazione valgono le medesime regole del caso Guidi».

Per ora, il premier deve buttar giù le accuse circostanziate di Davigo. Il falco del pool di Mani pulite afferma, in un'intervista sul Corriere della Sera, che la situazione «è peggio di allora», «si ruba in modo meno organizzato e tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei», ma quelli sopravvissuti alla stagione di Tangentopoli e alla dura selezione della specie sono «i predatori» più forti ed evoluti, che hanno fatto diventare il reato «seriale e diffusivo». Questo grazie alla politica, per Davigo, che ha voluto fermare l'opera di pulizia delle toghe. La politica senza distinzioni, anche se in serata il pm con una nota ammorbidisce appena i toni: «Mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo ai fatti di cui mi sono occupato e a quelli appresi successivamente».

Ma resta il j'accuse: «La destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». La prima «abolì il falso in bilancio, attirandosi la condanna della comunità internazionale», la seconda stabilì «che i reati tributari erano tali solo se si riverberavano sulla dichiarazione dei redditi, introdusse la modica quantità di fondi neri per uso personale». Senza distinzione tra Berlusconi e Renzi. L'attuale governo, dice Davigo, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito».

Critica le norme premiali anticorruzione, spiega che il premier butta fumo negli occhi, rendendo sì più pesanti le pene e più lunga la prescrizione, ma tralasciando ciò che davvero è importante, «scoprire i reati, anche con operazioni sotto copertura». Il numero uno dell'Anm cita il capo dell'Anticorruzione, ma con una stoccata. «Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». Perché? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde Davigo, facendo capire che se si lavora con Renzi certi limiti bisogna autoimporseli.

Il peso delle sue parole si misura sull'entità delle reazioni che provoca, soprattutto da un Pd che ora ricorda alle toghe di parlare solo con le sentenze, ma anche dalla stessa magistratura, Csm in testa. Mentre le polemiche infuriano Davigo aggiunge un altro affondo: «C'è stato un decadimento della classe politica, quella che c'era allora non ha pensato alla successione».

Tutti parlano come se sapessero che c'è dell'altro dietro. Stavolta, avverte Cazzola, gli avversari di Renzi «non saranno tigri di carta come gli esponenti della sinistra dem». E l'alfiere di Renzi Fabrizio Rondolino replica in questi termini: «Caro Davigo, la democrazia è più forte della barbarie. E questa volta la difenderemo con ogni mezzo».

Con ogni mezzo, sottolinea il giornalista.

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