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Il debito come l'immigrazione Se lo ignori alla fine esplode

È possibile aumentare il deficit per tagliare le imposte ma bisogna anche mettere a dieta la spesa pubblica

Il debito come l'immigrazione Se lo ignori alla fine esplode

L'aumento del debito pubblico, i record stellari che raggiunge mese dopo mese, non fanno più notizia. Così come non la facevano i continui sbarchi dei clandestini. L'invasione (copyright Bill Gates) è iniziata anni fa e in pochi se ne preoccuparono. Stesso discorso per le nostre banchette locali, o l'Mps, una metastasi che veniva curata con la presunta dichiarazione di solidità del nostro sistema creditizio. Tutte balle. Fino ad arrivare al punto di non ritorno. In cui l'Europa non ne vuole sapere più niente e avviene il dramma nazionale.

Ieri il bollettino statistico della Banca d'Italia ha messo in evidenza l'ennesimo record del debito pubblico pari a 2.279 miliardi di euro. Una cifra mostruosa. Sia a destra sia a sinistra si preoccupano di allentare i vincoli europei. L'ultima proposta l'ha fatta Matteo Renzi chiedendo (sarebbe meglio dire pretendendo) di spendere un po' più del consentito, grazie all'aumento dei deficit annuali.

La proposta è ragionevole. In un momento in cui siamo soffocati dalle tasse, ridurle può liberare risorse produttive e farci crescere. Ma questo meccanismo, che sposiamo in pieno, si regge solo se la politica è credibile. Cioè solo se il contribuente non tema una futura mazzata fiscale. Se questa fiducia non si crea le riduzioni fiscali finiscono in saccoccia, tesaurizzati aspettando i tempi cupi. Da quando è iniziata questa legislatura (marzo 2013) il nostro debito pubblico è cresciuto di 280 miliardi (200 miliardi imputabili al solo periodo Renzi). Una roba pazzesca. Abbiamo tenuto a bada il deficit, ma non siamo cresciuti e il debito è salito. Un circolo pericolosissimo. A compromettere le nostre aspettative (quelle degli imprenditori, ma anche dei consumatori che hanno una gran sapienza di fondo nella gestione dei propri quattrini) c'è un altro fattore micidiale. Oggi paghiamo interessi bassi sul debito (grazie al Sert gestito da Draghi) e la Banca centrale europea compra Btp a manbassa. Questa storia non può durare a lungo. Anzi sta già rallentando. E allora: se negli ultimi quattro anni abbiamo avuto i tassi più bassi della storia e un deficit sotto controllo e nonostante ciò siamo riusciti a accumulare 280 miliardi debito in più, cosa potrà succedere nella prossima legislatura?

Ridurre le tasse, anche in deficit, non è sbagliato. Ma la crescita del debito in valori assoluti non si blocca certo con più deficit. Occorre affamare la bestia. Se veramente non vogliamo ripudiare il debito contratto (non onorare scadenze o dilazionare interessi) o ripagarlo con una moneta svalutata (ipotesi di una nostra uscita dall'euro) dobbiamo agire in fretta e con forza per tagliare la spesa pubblica. Questo è un paese in cui ancora si spendono 1,5 milioni di euro per finanziare uno spettacolo flop al Palatino. Con soldi erogati da finanziarie della Regione Lazio, che ha alzato al massimo le aliquote fiscale per i suoi debiti sanitari. Anzi ancora esistono finanziarie regionali. Abbiamo l'Italia che va a fuoco e il maggior numero mondiale di persone addette alle foreste. Il sindaco di Roma vuole quasi due miliardi di euro per rimettere a posto una città, che ogni lustro si dice in emergenza. L'accoglienza dei migranti ci costa almeno 4 miliardi l'anno, e nessuno si è posto in questo caso dei limiti di bilancio. Insomma da ogni parte d'Italia e in ogni settore si chiede di spendere di più. Sempre per una buona ragione per carità.

La parola d'ordine dovrebbe essere spendere di meno. Se una famiglia ha un grande debito, non ci dorme su la notte.

Noi invitiamo sconosciuti a casa nostra, gli offriamo un drink, compriamo biglietti per uno spettacolo costoso e assumiamo una decina di colf.

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