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Decorazioni berlinesi e tessuti africani Il melting pot di Versace

Kimono e pullover per uno splendido Diesel Marni incanta con cappotti e accessori

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Il senso del contemporaneo sta in poche cose di grande importanza tra cui l'attitudine sportiva che non produce necessariamente muscoli ma ti regala dinamicità e la scelta di appartenere a questo o quel clan. C'è tutto questo nella bella collezione Versace Uomo del prossimo inverno in passerella ieri sera a Milano. Il primo a sfilare è Davidson Obennebo, giovanissimo, nigeriano, 190 centimetri di altezza rivestiti da un cappotto fantasia sui toni del mosto e del vinaccia. Subito dopo arrivano in rapida successione ragazzi del Congo, di Israele, un tedesco, caucasici ed asiatici d'ogni tipo: una specie di giro del mondo tra Paesi ed etnie di provenienza. Donatella li suddivide in tre grandi tribù che alla fine rappresentano altrettante parti della collezione. Si comincia da quella dedicata al lavoro con completi e cappotti tagliati da Dio e cuciti ancor meglio nei materiali lussuosi tipo il cashmere misto al cincillà.

Poi c'è la sezione dello sportswear magnifica ossessione della bionda signora che per prima ha lanciato le costruzioni sartoriali nei materiali tecnici. Infine arrivano le proposte giovani e cool, quelle per il segmento di mercato più ambito e più difficile che ci sia. Qui DV ne fa di tutti i colori a partire dal classico check rosso e nero delle camicie da boscaiolo che traghetta sul gigantesco duvet imbottito da un chilo di piume e poi si stempera nel monocolore (tutto rosso o tutto nero) con interessanti giochi grafici. Non mancano le felpe decorate da un artista berlinese, i motivi dei tessuti africani rieditati nello jacquard e le nuove stampe che tra il barocco e l'onirico nascondono il ritratto della cagnolina di Donatella, Audrey: un vero e proprio melting pot.

Impossibile chiedere prima e dopo un simile show denso e positivo come pochi se la voce dell'arrivo di Riccardo Tisci alla guida creativa della maison è una bufala di moda o c'è qualcosa di vero. Certo i due sono amici e compatibili oltre ogni dire, in più lei stessa si dice oppressa dai ritmi forsennati delle sfilate. «Mi sembra di vivere in passerella, sono in preda all'ansia» confessa come sempre intelligente e speciale.

Straordinaria la collezione Diesel Black Gold dedicata alle uniformi dei Ninja giapponese. Andreas Melbostad, direttore creativo del marchio, ha rimodellato i costumi delle arti marziali nipponiche su forme e propriorzioni urbane oltre che su quell'estetica combat che attraversa da sempre il guardaroba dei giovani. Il risultato è fenomenale. Nei giubbotti c'è l'idea del kimono corto per il judo, più ampio per il karate e lungo per il kendo. I pullover di rara bellezza hanno lacci e cinture oltre a un fantastico motivo a fisarmonica bianco sul nero. E i mini tablier a pieghe delle donne parlano il linguaggio della vera contemporaneità. Si può dire lo stesso di Marni dove debutta come direttore creatico il trentaquattrenne Francesco Risso al posto di Consuelo Castiglioni che ha deciso di dedicarsi finalmente del tempo. L'esordio è buono se non ottimo: alcuni cappotti a quadretti sono di grande bellezza, gli accessori tipo le cinture con gli occhietti da Teddy bear sono molto divertenti, ma la spiegazione sul sistema binario e sulla metafora del bambino che pigiando 1 + 1 esalta la sua vulnerabilità, ci lascia perplesso. Del resto nella moda è così. Ci sono stilisti che non riescono a parlar di giacche e camicie: per loro tutto è arte e complessità, performance e complicazione.

Antonio Marras è uno di questi e forse lo amiamo anche per questo motivo. Certo che fatica!

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