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Decreto dignità, la Lega in Veneto contro Di Maio: "Blocca le assunzioni"

Il segretario della Lega in Veneto guida la protesta contro i grillini: "Quel decreto taglia le gambe alle imprese, serve tagliare il costo del lavoro"

Decreto dignità, la Lega in Veneto contro Di Maio: "Blocca le assunzioni"

Lega e MoVimento 5 Stelle vanno d'amore e d'accordo sul decreto dignità? Forse davanti alle telecamere e ai microfoni dei giornalisti, o almeno ci provano.

Ma sul territorio le esigenze dei due partiti - e, logica premessa, quelle dei rispettivi bacini elettorali - sono assai differenti. Testimone ne è il segretario del Carroccio in Veneto, Antonio "Toni" Da Re, che in un'intervista al Corriere della Sera esterna tutte le proprie perplessità sul nuovo provvedimento fortemente voluto dal ministro grillino del Lavoro Luigi Di Maio.

Una misura che per Da Re, titolare di un autolavaggio, "taglia le gambe alle imprese". La sua voce è quella dei tantissimi piccoli e medi imprenditori che, soprattutto nel produttivo Nord-Est, costituiscono la storica base elettorale della Lega. Il decreto concepito dai grillini, al netto delle misure per il contrasto alla ludopatia, per Da Re va riscritto da capo perché con le nuove condizioni introdotte dal governo "non assumerei più nessuno", spiega.

"Vincolare i contratti a tempo determinato è una strada pericolosa che porta al lavoro nero e all'evasione", affonda. Quindi volge lo sguardo al tessuto produttivo veneto, portando esempi concreti: "Le industrie venete sono microimprese con esigenze di manodopera che mutano. La flessibilità è fondamentale e la parola magica è, piuttosto, riduzione del costo del lavoro. E i deterrenti per la delocalizzazione sono sbaglaiti."

Ma Da Re non fa mancare anche la pars construens, proponendo di correggere la ricetta grillina per il lavoro con abolizione immediata di redditometro e studi di settore ed evocando il "modello canadese": "Tassa fissa al 30% per imprese e partite Iva e tutti, imprese e dipendenti, scaricano tutto compreso il cappuccino."

Certo, rompere l'alleanza lega-stellata "non conviene a nessuno" e bisogna ricordare che "i matrimoni vivono di compromessi".

Ma il Nord produttivo ha bisogno di tagliare il cuneo fiscale e non di tornare a politiche del lavoro che sembrano tratte, per usare le parole di Giorgia Meloni, dal programma del Pci degli anni Ottanta.

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