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Def, da Forza Italia un no preventivo al "pastrocchio" tra grillini e leghisti

Gli azzurri bocciano le relazioni sia al Senato che alla Camera

Def, da Forza Italia un no preventivo al "pastrocchio" tra grillini e leghisti

Roma - Forza Italia ieri nelle commissioni speciali di Camera e Senato ha bocciato le due relazioni sul Def presentate da Laura Castelli (M5S) a Montecitorio e da Alberto Bagnai (Lega) a Palazzo Madama. Si tratta di una presa di posizione molto forte che evidenzia lo stato di forte tensione nel centrodestra dopo la pubblicazione della bozza del contratto di governo tra pentastellati e Carroccio.

Basti pensare che il Partito democratico, ufficialmente collocatosi all'opposizione, ha tuttavia mostrato molta più benevolenza nei confronti dei due documenti. Alla Camera i dem si sono astenuti, mentre al Senato hanno votato addirittura a favore. Come ha spiegato il senatore forzista Maurizio Gasparri, «è un giudizio negativo sia sulle politiche economiche del governo uscente a guida Pd che ha presentato il Def, ma è anche un no preventivo alla confusione che vediamo emergere da bozze, contratti, annunci, smentite e che per l'economia fanno immaginare un futuro fosco e complicato». Altro che benevolenza, nella naturale sede della politica Forza Italia ha mostrato il proprio sgradimento per le soluzioni che potrebbero essere messe in capo da un esecutivo giallo-verde.

E dire che le relazioni erano state approntate proprio per evitare di innescare polemiche in questa prima fase. In particolare, entrambe puntavano genericamente sulla riduzione del carico fiscale, sullo stop all'aumento dell'Iva per evitare di «gravare sulle spalle dei cittadini» e a misure per favorire l'occupazione ma anche investimenti pubblici, infrastrutture e trasporti. Tutto questo, ovviamente, puntando a un «taglio efficace del debito pubblico». L'obiettivo di Castelli e di Bagnai era, appunto, rinviare il vero e proprio dibattito politico alla prossima settimana quando saranno le Camere a doversi esprimere, magari con una maggioranza e un'opposizione bene delineate.

Se il voto del Pd si può spiegare con la necessità di sostenere un quadro tendenziale presentato dal governo Gentiloni e dal ministro dell'economia Padoan, per Forza Italia non valeva nemmeno questo tipo di motivazione e così gli azzurri hanno voluto manifestare un «no preventivo» anziché un'astensione «benevola» nei confronti del tentativo Di Maio-Salvini. «Il Def, le risoluzioni allegate e la prossima legge di Bilancio devono rispettare pienamente le regole europee del debito e del deficit e il percorso di risanamento dei conti pubblici concordato con la Commissione Ue, per giungere all'obiettivo di medio termine rappresentato dal pareggio di bilancio strutturale», ha chiosato Renato Brunetta (Fi) evidenziando la necessità che «tutte le forze politiche si impegnino a rispettare il patto siglato con le istituzioni europee».

È ovvio che un simile intendimento implichi a priori la ricerca di necessarie coperture per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia su Iva e accise che per il 2019 valgono 12,4 miliardi oltreché per la correzione del deficit strutturale di 0,6 punti di Pil (oltre 10 miliardi) prevista dal piano di rientro.

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