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Def, pressing Ue sul governo: "Più tasse su case e consumi"

Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis tira le orecchie al ministro Padoan: "Su questa linea d'azione non abbiamo visto progressi, alleggerite il costo del lavoro"

Def, pressing Ue sul governo: "Più tasse su case e consumi"

Grandi sforzi, ma non basta. Bene le riforme fatte, comprese le strategie per salvare le banche, ma sul fisco non ci siamo. Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis è a Roma per una due giorni di rito che serve ufficialmente a fare il punto sulle raccomandazioni specifiche per i paesi membri. Niente di definitivo sul Def (il giudizio arriverà a maggio e non è esclusa una bocciatura), ma la visita del politico lettone al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è servita a capire che Bruxelles non ha cambiato linea sulle tasse: l'Italia deve stangare casa e consumi e alleggerire il lavoro. Dombrovskis ricorda la raccomandazione all'Italia che chiede «lo spostamento dell'onere dal lavoro verso consumo e proprietà. Su questa linea d'azione non abbiamo visto progressi, soprattutto sulle tasse sulla proprietà, ma capisco che è un tema politicamente sensibile».

Tradotto in scelte concrete, la raccomandazione della Commissione significherebbe lasciare scattare le clausole di salvaguardia e quindi l'aumento di Iva e accise. Poi una ulteriore stretta sulla casa, come quella varata dai governi Monti e Letta. Di fatto una patrimoniale. L'esecutivo di Bruxelles sa che nessun governo, nemmeno quello di Renzi, è in grado di reggere un altra stangata sul mattone.

Mezza tirata d'orecchie all'Italia anche sulla riduzione della spesa pubblica: «Ci sono aree in cui le riforme sarebbero necessarie come la spending review di cui ho già parlato con il ministro Padoan». Per il resto, il giudizio sui conti italiani e sul Def appena approvato dal Parlamento, è sospeso. La flessibilità chiesta dall'esecutivo Renzi non è scontata. «C'è una richiesta italiana» per lo 0,75% del Pil, ha ricordato. Ma è «una decisione non presa, non valutata». Aperta la questione «output gap», cioè del metodo di calcolo del Pil che potrebbe favorirci: ogni cambiamento comporta l'approvazione da tutti gli stati membri. Il vicepresidente dell'esecutivo Ue ha anche incontrato il governatore di Bankitalia Vicenzo Visco, ha lodato «i progressi in corso nelle riforme del sistema bancario italiano», quindi il fondo Atlante. Proprio ieri si è tenuta l'assemblea straordinaria della Banca d'Italia, la seconda della storia di Palazzo Koch, la prima interamente dedicata all'approvazione del bilancio, da quest'anno separato dall'assemblea dei partecipanti. Banca d'Italia ha chiuso il 2015 con un utile netto di 2,8 miliardi di euro, in linea con i 3 miliardi registrati lo scorso anno. Allo stato vanno 2,157 miliardi, contro gli 1,909 miliardi dell'anno precedente, che si aggiungono a imposte di competenza per 1,012 miliardi (1,159 miliardi nel 2014). In totale, quindi, alle casse pubbliche vanno più di tre miliardi. Approvato anche il bilancio del Fondo Nazionale di risoluzione, istituito in attuazione della direttiva europea sul bail in. Il salvataggio delle 4 banche è costato 2,1 miliardi di euro. Per il 2015 le banche finanziatrici hanno pagato 588 milioni. Nel 2016 dovranno pagare il 25% in più.

Il costo complessivo della ristrutturazione delle quattro «good bank» nate dalla risoluzione di Banca marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti è di circa 422 milioni. La stima viene dai tre valutatori indipendenti, Bdo, Kpmg e Deloitte.

Stasera al consiglio dei ministri, salvo sorprese, sarà approvato il decreto con i «ristori» per i risparmiatori delle quattro banche i cui titoli sono stati annullati.

Le modalità di restituzione potrebbero aprire un nuovo fronte con Bruxelles.

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