Politica

"Demanio a Stati esteri". Scoppia la bufera sull'emendamento Pd

Centrodestra sulle barricate: idea gravissima. La web tax estesa al commercio elettronico

"Demanio a Stati esteri". Scoppia la bufera sull'emendamento Pd

Scoppia la polemica per un emendamento che il Pd si appresta a presentare in commissione Bilancio e che prevede la possibilità di vendere a uno stato estero immobili appartenenti al Demanio italiano, anche se appartenenti al demanio culturale. Una porta aperta alla dismissione dei nostri beni culturali, che potrebbero rischiare di finire in mani straniere. Il centrodestra è sulle barricate. Tuona Giorgia Meloni (Fdi) su Facebook: «In pratica, se domani un governo avesse bisogno di soldi potrebbe vendere interi palazzi di pregio, nella migliore delle ipotesi, ai francesi o ai tedeschi come in un bazar». Furioso anche Matteo Salvini (Lega): «È gravissimo, questi sono pericolosi. Ma chi li paga?».

Sul tema il centrodestra promette battaglia. E ci sono altre novità, quali una web tax più estesa e una corsia preferenziale per lo stop alle maxi bollette. Novità pure per il pubblico impiego e per le imprese, in particolare quelle del settore giochi, cui la nuova legge di bilancio imporrà l'adesione a un registro degli esercenti e distributori: è l'ultimo (blando) tentativo di porre freni a un business che non conosce crisi, ma da sempre, a parole, stigmatizzato dalla politica.

Per lo stop alle maxibollette esulta comprensibilmente Simone Baldelli, il deputato di Fi autore della proposta che impedirà alle compagnie di chiedere, attraverso esosi conguagli, il pagamento di consumi che risalgano a più di due anni prima. Una sorta di prescrizione che eviterà ai consumatori di ritrovarsi con l'amara sorpresa di bollette del gas o della luce da migliaia di euro. La proposta Baldelli sarà parte integrante della manovra, e potrà diventare legge prima che il Parlamento venga sciolto: «Abbiamo scritto una bella pagina di attività parlamentare in favore dei diritti dei consumatori», commenta Baldelli su Twitter.

Più complessa la partita della web tax. Sarà presentato oggi l'emendamento che corregge la versione approvata al Senato. Stando alle anticipazioni, la norma che mira a stanare i redditi incamerati dai big della Rete vendendo beni e servizi on line al riparo dal fisco italiano, nella nuova versione andrà a colpire un ventaglio molto più ampio di attività, includendo anche il commercio elettronico. Il regno di Amazon, tanto per essere chiari. Un allargamento talmente significativo che, nonostante la decisione di tagliare l'aliquota prevista dal 6 all'1%, il gettito dovrebbe impennarsi. L'incasso previsto dovrebbe balzare dai 100-200 milioni di euro a 7-800. Resta da chiarire un punto fondamentale: se lo scopo della web tax è colpire giganti come Apple, Amazon o Facebook che hanno sedi in Paesi dalla fiscalità più morbida e gestiscono transazioni che potrebbero fruttare miliardi di euro al fisco italiano, va trovato un modo di evitare che la nuova tassa colpisca anche le aziende italiane che già pagano il loro conto all'erario italiano. Nella nuova versione dovrebbe sparire il credito d'imposta. E Confindustria avverte: «Attenzione a non colpire imprese e consumatori». Intanto la commissione dà il via libera anche alla proroga di un anno per le graduatorie della scuola e a modifiche alla legge sugli appalti che ci aveva fatto finire nel mirino dell'Ue.

Infine, un premio per le università che tengono i conti in ordine.

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