Cronache

La democrazia del sacrificio

La democrazia del sacrificio

La giovane democrazia italiana ha bisogno del rito del sacrificio per prolungare la sua stessa vita. È successo con Moro, ucciso dalle Brigate rosse nel 1978, è successo con Craxi, morto in esilio ad Hammamet venti anni fa. Nell'invasione liturgica di libri che accompagnano ogni ricorrenza mi piace la forza e la pulizia del pamphlet di Sorgi, Craxi, presunto colpevole (Einaudi), per la tesi esposta nell'incipit. Perché, chiede Blair all'autore del saggio, l'Italia che ha trattato sempre tutto con tutti, non è riuscita a creare un corridoio umanitario per dare a un grande leader politico come Bettino la possibilità di curarsi nel suo paese in modo più adeguato e comunque una fine più «umana»? Approfondiamo un po' il concetto di sacrificio. Una testa a un certo punto deve cadere, una vita va immolata. In questo caso non a un Dio pagano ma a una forma astratta del potere implicita nella parola Stato. Forma astratta a sua volta popolata di uomini che però sospendono in quel momento la loro «umanità» per ricorrere alla salvezza di un ente superiore. La trattativa, parte integrante del cinismo della politica, sembra all'improvviso una pratica reietta e addirittura non consone allo spirito etico della democrazia. Ecco che la violenza, la cancellazione fisica e simbolica della vittima predestinata, fanno irruzione come retaggio del passato nell'anemico pallore borghese della guerra moderna. L'umanità angosciante di un grande cattolico che si prepara ad affrontare il mistero della morte fa da contrappeso alla retorica dell'intransigenza nelle frasi dei suoi ex amici democristiani.

L'epistolario di Moro è il risvolto dialettico di un Potere che ha espulso il proprio figlio e ha bisogno del suo sangue per andare avanti. Nel 2008, nel trentennale della morte del grande statista Dc, realizzai un'inchiesta tv (Top secret, Rete4) in cui per la prima volta parlava davanti a un microfono il cosiddetto consulente americano di Cossiga, Steve Pieczenik, che in modo diretto e inequivocabile confermò la necessità del sacrificio di Moro. Per sconfiggere il terrorismo rosso Moro non doveva essere salvato. No non poteva, non doveva! Questo era il senso della «consulenza americana». E così fu. Sempre in quello speciale commissionai alla grande Ilaria Cavo un reportage sulle pene pagate dai brigatisti per la vita di Moro e quella delle cinque vittime di Via Fani. Se si escludono malattie e morti naturali, poca roba. Questo conferma anche quello che ho sempre pensato, cioè che Moro non fu ucciso dalle Br ma ceduto ad altri per l'esecuzione.

Ma non addentriamoci troppo in misteri ancora oggi non risolti, tantomeno dai processi ufficiali, e riprendiamo il filo del nostro discorso. La storia di Craxi certo sul piano dei fatti è molto diversa, al di là del non trascurabile elemento che l'ex leader socialista fu l'unico a battersi ufficialmente a favore della cosiddetta trattativa per salvare Moro. Bettino muore ad Hammamet in esilio apparentemente volontario. Sul piano simbolico però si tratta di una vera e propria esecuzione indiretta. Il sacrificio di Uno nella retorica della sineddoche, la parte per il tutto, l'uomo di maggior talento politico della sua generazione immolato sull'altare del nuovo potere partorito da Tangentopoli. Niente e nessuno impediva di riportarlo in Italia, l'inchiesta dei giudici milanesi aveva già affossato la Prima repubblica e la magistratura, appoggiata da quella sinistra che unica non aveva pagato il conto storico delle tangenti, era in pieno conflitto con gli homines novi della seconda Repubblica, in particolare Berlusconi, che poi rimarrà l'unico politico a battersi in modo esplicito per il ritorno di Craxi. Niente revisione tecnica e niente perdono per lui. Antipatico e scostante, almeno secondo i luoghi comuni, doveva finire con proporzionata durezza i suoi gironi lì, in quella fetta di Mediterraneo che guarda l'Italia, il buen retiro diventato prigione e metafora di in mondo che si scopre rigido, incapace di arrivare alla soglia dell'umano, lontano da ogni radice cristiana, crudele. Alla fine dunque la democrazia, quella italiana in questo caso, è capace di uccidere. Non lo fa in prima persona, ma lo fa. Lo fa in realtà per debolezza, perché anche nel caso di Craxi la storia dovrà dirci il reale ruolo svolto dai servizi segreti americani. Moro voleva il compromesso storico con il Pci, e non si diceva fare, Craxi aveva dimostrato di non essere la cameriera degli Usa in politica estera.

Un giorno qualche gola profonda parlerà.

Commenti