Cronache

Denunciare le marocchinate? "Razzismo". Minacce a Salvini: "Devi morire"

Nel mirino finisce anche il presidente dell'associazione delle vittime Ciotti

Denunciare le marocchinate? "Razzismo". Minacce a Salvini: "Devi morire"

Roma - «Leghisti, razzisti, bastardi. dovete morire impiccati tu, Salvini, Zicchieri e Tripodi. Fate attenzione a quello che fate. W gli immigrati W i musulmani». La speranza è che a scrivere il volantino, «decorato» dall'immagine di un cappio e depositato sul lunotto dell'auto del presidente dell'Associazione nazionale vittime delle marocchinate, Emiliano Ciotti, sia stato un troll. La certezza, invece, è che si tratta di un ignorante, qualcuno che confonde la storia col razzismo, e la presentazione di un libro che racconta fatti incontestabili con un tentativo di denigrare gli «immigrati».

Succede nel Frusinate, a margine della presentazione del volume «Le marocchinate. Cronaca di uno stupro di massa». Un libro che ripercorre, appunto, i terribili episodi di violenza seguiti allo sfondamento della linea Gustav da parte degli Alleati. Come «premio» per aver aggirato le difese tedesche, ai goumiers marocchini inquadrati nel cordo di Spedizione francese, alla fine di maggio del 1944, sarebbe stato riconosciuto una sorta di diritto al saccheggio. E allo stupro. Quel che è certo è che i goumier se lo presero, quel diritto. E le violenze, i furti, gli omicidi, gli stupri, ai danni di donne, uomini, bambine e bambini, sono una pagina nera di cronaca e di storia che in tanti comuni del Frusinate ancora ricordano bene, a 75 anni da quei giorni e da quegli eventi.

A condannare la minaccia di morte per il ministro dell'Interno sono gli altri due citati nel volantino, il vicecapogruppo del Carroccio a Montecitorio, Francesco Zicchieri, e il capogruppo leghista in regione, Orlando Angelo Tripodi: «Gesto vigliacco», sospirano, ricordando che insisteranno per introdurre «il giorno del ricordo anche per le vittime delle marocchinate». Mentre Ciotti ricorda come la minaccia sia arrivata «a pochi giorni da una giornata storica: la corte dei Conti ha accolto il ricorso di una delle vittime delle Marocchinate per il riconoscimento della pensione di guerra. Un diritto per il quale la signora ha dovuto combattere contro il Mef e la Ragioneria territoriale dello Stato di Frosinone che si opponevano al riconoscimento eccependo la tardività della domanda».

Una storia già sentita. Nel 2015 aveva visto riconosciuto il suo diritto alla pensione anche una donna che era stata violentata dai goumiers a 27 anni, il 22 maggio 1944. E che aveva dovuto aspettare di compiere 98 anni per veder fatta giustizia. Ma in fondo, appunto, delle violenze perpetrate dalle truppe marocchine nel Basso Lazio si è sempre parlato poco, di quella odiosa ondata di omicidi e stupri perpetrati ai danni della popolazione civile da quelli che credevano essere i «liberatori». Eppure a raccontarle era stato, tra gli altri, Alberto Moravia, che nella Ciociara racconta lo stupro della protagonista Cesira e della figlia 13enne, Rosetta, in un finale poi trasposto in pellicola da Vittorio De Sica per la scena più terribile dell'omonimo film che valse a Sophia Loren l'Oscar nel 1962. Di «razzista», questa storia, non ha dunque nulla: tra i politici che più si impegnarono per dare alle vittime giustizia (e risarcimenti), denunciando le violenze carnali in serie c'è stata anche Maria Maddalena Rossi, presidente dell'Udi e parlamentare comunista.

Al di là dell'idiozia generale del volantino, prendersela con Salvini (al quale il libro che racconta questa oscura pagina di storia è stato regalato dall'associazione vittime solo alla fine di settembre) e col «razzismo» non ha alcun senso.

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