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Deutsche Bank falcia le Borse Ma poi una «manina» la salva

Il titolo crolla e poi risorge sulle voci di un forte taglio della multa Usa. Mercati in recupero, i timori restano

Deutsche Bank falcia le Borse Ma poi una «manina» la salva

Un intervento dall'alto blocca la caduta libera di Deutsche Bank scesa ieri mattina a nuovi minimi storici, a 9,9 euro, prima della chiusura in rally a 11,5 euro. Nel primo pomeriggio hanno iniziato infatti a diffondersi le indiscrezioni di un taglio drastico della maxi sanzione inflitta dal dipartimento Giustizia Usa in relazione al caso subprime: da 14 a 5,4 miliardi di dollari, una cifra comunque doppia rispetto a quanto preventivato dagli analisti. I protagonisti non hanno voluto commentare le voci. Gli indici europei e il settore bancario hanno replicato l'evoluzione della seduta di Deutsche Bank. Dopo il crollo della mattinata, Milano ha chiuso in rialzo dello 0,3% e Francoforte addirittura dell'1%, mentre lo spread Btp-Bund è sceso a 130. A Milano si sono distinti al rialzo Unicredit (+1,7%) e Ubi (+2,7%).

Ma simili rumors, a loro volta, hanno ridato forza alle speculazioni di un possibile salvataggio pubblico del primo gruppo bancario tedesco, come richiesto espressamente mercoledì dal Wall Street Journal che evocava il rischio di un contagio europeo. La mancata risposta all'appello e le crescenti incertezze sulla solvibilità del gruppo, avevano determinato giovedì sera la fuga di ben dieci hedge fund Usa da Deutsche Bank e il conseguente collasso, ieri mattina, del titolo in Borsa, nonostante le rassicurazioni dell'ad John Cryan e gli studi benevoli delle banche d'affari. «Deutsche Bank ha un problema di credibilità di 37 miliardi di euro», ovvero la differenza tra il valore delle sue attività e la capitalizzazione di Borsa, titolava ieri il Financial Times.

In questo scenario, la comprensione mostrata dal dipartimento di Giustizia Usa, potrebbe non essere solo una questione di tempismo, quanto mai utile comunque a risollevare il gruppo dalla voragine in un momento di difficoltà. Il mercato si chiede il prezzo dell'accordo con gli Usa a una cifra sensibilmente inferiore rispetto alla richiesta iniziale, proprio peraltro quando si assiste a un'escalation della guerra commerciale in corso tra Europa e Germania (da Volkswagen ad Apple fino ad Airbus sono numerosi i casi finiti in prima pagina). Si attendono ora le mosse di Berlino e Bruxelles.

La partita che si sta giocando su Deutsche ha confini molto più estesi rispetto alla singola banca e persino delle banche tedesche. Prima di tutto perché, come riconosciuto dall'Fmi, un crac dell'istituto avrebbe portata sistemica con un concreto rischio di contagio internazionale, e poi perché il salvataggio di un gruppo con un'esposizione in derivati pari a tre volte il Pil europeo e sommerso da cause legali, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non può che coinvolgere il governo e, forse, anche la Bce.

Non è un caso quindi che, proprio ieri, si parlasse sul mercato delle varie possibili vie di uscita dalla crisi che rischia di trasformare Deutsche Bank in un buco nero: dalle nozze con Commerzbank, altra banca in profonda ristrutturazione dove tuttavia Berlino, detenendo il 15% del capitale, ha più ampio spazio di manovra, all'ingresso diretto dello Stato, ipotizzato dall'Handelsblatt, con il 25% del capitale. E se Angela Merkel, finora paladina delle normative del bail in, dovesse decidersi in questo senso, a beneficiarne potrebbero essere anche le prossime ristrutturazioni attese a Piazza Affari, come Mps e Unicredit. Non a caso, ieri il premier Matteo Renzi ha espresso «pieno appoggio e sostegno al governo tedesco» nella crisi di DB.

Non manca infine chi ipotizza che la crisi delle banche tedesche possa fornire l'assist alla Bce per estendere il quantitative easing alle azioni, dopo il coinvolgimento dei bond governativi e societari in un estremo tentativo di far ripartire l'economia del Vecchio Continente.

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