Referendum indipendenza in Catalogna

Un discorso, due piazze. E vince la delusione

La dichiarazione di indipendenza fa esultare i secessionisti. Ma la frenata cambia il clima

Un discorso, due piazze. E vince la delusione

Parc de la Ciutadella, dove sorge il parlamento catalano, è gremita di persone. Da ore si sono raccolte in attesa del discorso del loro presidente. Sono arrivati anche dalle campagne, in sella ai trattori, per essere lì presenti in un giorno storico. Per poter ascoltare e accompagnare e spingere Carles Puigdemont in quello che deve essere «il» discorso. Sono in 30mila. Non è una manifestazione qualsiasi, come quelle che da anni si tengono a Barcellona a favore dell'indipendenza, tra canti e balli. Qui non si respira un sentimento festoso. C'è invece la tensione determinata di chi da lungo tempo ha lottato per questo momento e lo vede ora a portata di mano, la tensione guardinga di chi teme che il sogno voli via al primo, brusco movimento. E allora si aspetta, con compostezza.

La sessione viene rinviata di un'ora, ci si chiede perché, forse non sono convinti, forse non c'è accordo. Forse si rinvia tutto. Su due grandi maxischermi si vede Puigdemont entrare in aula, vestito scuro, camicia chiara. Tiene in mano una cartelletta, rivede i fogli del discorso. Sorride, sembra rilassato. Quando entra la presidente dell'assemblea e inizia la seduta, cala il silenzio tra la folla. Il preambolo è lungo, non si capisce dove vuol andare a parare. Si ascoltano le accuse alla polizia spagnola per le violenze contro gente inerme, le parole in spagnolo rivolte al re, il ricordo delle lotte pacifiche che hanno portato al referendum dell'1 ottobre.

E poi lo sentono. Sentono Puigdemont dire che assume il «mandato del popolo» perché la Catalogna «si converta in uno Stato indipendente in forma di Repubblica». Grida di felicità e applausi, esteladas sventolate in alto. Abbracci. Durano poco, pochissimo, però. Puigdemont dice di sospendere «gli effetti della dichiarazione d'indipendenza per aprire la porta al dialogo». Indipendenza sì, ma sospesa. Si deve dialogare con Madrid. Ci sono trattative di mediazione, alcune non note nemmeno ai media. Fischi. La gente comincia ad andarsene. Sanno che la partita è complicata, Rajoy non mollerà facilmente. Si ha ancora fiducia. Forse stasera si è fatto solo qualche movimento troppo brusco e il sogno è svanito.

Ma non del tutto.

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