Politica

Disoccupati e fannulloni? Al Sud sono il 17% in più

Secondo l'Istat il «il tasso di attività» al Nord è al 70,5%, in Meridione si è fermato al 52,8

Lavorare stanca? Certo, di una nuova edizione della solita polemica ferragostatana Nord contro Sud, polentoni stakanovisti contro terroni nullafacenti, non ne se ne sentiva proprio il bisogno. Però stavolta è l'Istat a dare i numeri giusti e a fotografare la realtà di un Paese spaccato e a doppia velocità: e così mentre nel Settentrione il tasso di attività arriva al 70,5 per cento, e il centro segue a poca distanza, nel Mezzogiorno si ferma al 52,8. Diciassette punti percentuali di differenza, non sono pochi.

I dati, riferiti nel dossier «Italia in cifre 2015» ed elaborati dalla Adnkronos, si riferiscono allo scorso anno. L'Istat ha preso in esame il «tasso di attività», cioè ha catalogato quelli che il lavoro ce l'hanno o lo stanno realmente cercando. A livello nazionale sono il 63,9 per cento della popolazione. Il Nord, con il 70,5, e il centro, con il 68,9, sono sopra la media generale italiana. Il Sud, come abbiamo visto, molto sotto: quasi la metà è lontana non solo da lavoro ma anche dai canali e dalle organizzazioni che servono a trovare occupazione. Se poi prende la questione dal punto di vista del genere, il confronto tra donne e uomini che vivono nelle due aree geografiche evidenzia una differenza pari, rispettivamente, a 23,4 e 11,8 punti. Sbalzi notevoli tra le aree geografiche si registrano anche quando si passa a osservare il tasso di occupazione, che al Nord raggiunge il 64,3 per cento mentre al Sud si impantana al 41,8. Il distacco qui è di ben 22,5 punti percentuali.

In questi giorni caldi il governo ha parlato di una ripresa grazie al Jobs Act e la stessa Istat, nel rapporto di giugno, ha stimato un aumento del 36 per cento dei contratti di lavoro stabili, tra nuovi posti e trasformazioni. Ma la Federconsumatori chiede a Palazzo Chigi un piano straordinario per l'occupazione. Poi, siccome a Ferragosto anche tra quelli che hanno un posto si fa vedere nessuno, ecco che il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi propone «nel segno della flessibilità» di applicare l'articolo 30 della legge Biagi, perché «le ferie devono correlarsi con le esigenze della produzione».

Ma la situazione resta gravissima. Un gap enorme, incolmabile, divide infatti le due aree dello Stivale anche quando si passa ai dati sulla disoccupazione, che è soltanto dell'otto per cento nel Settentrione, mentre nel Mezzogiorno tocca il 20,7, con una distanza di 12,1 punti percentuali. L'Istituto di statistica, nel suo dossier, osserva che il Sud sta perdendo contatto «in modo rilevante» anche dal centro, dove il tasso di occupazione sfiora il sessantuno per cento e la disoccupazione è all'11,4. «Notevole» di conseguenza, si legge, è «la distanza rispetto al dato nazionale per entrambi gli indicatori». In Italia il tasso di occupazione lo scorso anno è arrivato al 55,7 mentre la disoccupazione era a quota 12,7.

E non va certo molto meglio nella zona grigia dell'accesso al lavoro. Quasi la metà dei collaboratori coordinati e continuativi e quelli a progetto viene difatti utilizzate al Nord.

Al centro i «flessibili» sono il 27,1 per cento e il restante 23,1 sono al Sud.

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