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La disoccupazione cala ma nessuno se ne accorge

RomaQualcosa si muove sul fronte disastrato del lavoro, ma gli squilli di tromba uditi all'annuncio dei dati Istat appaiono davvero prematuri. Il calo dello 0,1% del tasso di disoccupazione, registrato in gennaio rispetto al mese precedente, non è una cattiva notizia. Giova però ricordare che nella media del 2014 la disoccupazione ha raggiunto 1l 12,7%, record dal lontanissimo 1977. Nel Mezzogiorno si è raggiunta una punta del 20,7%. Un miglioramento dello 0,1% non è più di una goccia nel mare.

A fine gennaio, dunque, la disoccupazione ha raggiunto il 12,6%, con 11mila occupati in più rispetto a dicembre e 131 mila su base annua: «Bene, ma non basta», twitta il premier Matteo Renzi. Ha ragione, soprattutto perchè la disoccupazione giovanile rimane a livelli impressionanti (42,7% con un picco del 58,5% per le giovani donne del Mezzogiorno), e perchè è aumentato il numero delle persone che cerca lavoro (quasi 300 mila unità in più). La crescita degli occupati riguarda per la grande maggioranza i lavori a termine, e i lavoratori stranieri.

Insomma, come si vede, la situazione è ancora molto difficile. In controtendenza c'è però il positivo dato delle immatricolazioni delle auto: + 13,21% a febbraio rispetto a un anno fa.

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti prevede, o meglio spera che quest'anno, con il jobs act, si creino altri 150 mila posti di lavoro. Ricordiamo che il numero complessivo dei disoccupati al gennaio 2015 è di 3 milioni e 220 mila unità.

Oltre ai dati sul lavoro, l'Istat ha fornito quelli di consuntivo sui conti pubblici 2014. E qui le note non sono per nulla positive. Il deficit annuale è aumentato rispetto all'anno prima raggiungendo il 3% del pil, ovvero i limiti delle norme europee. Il debito pubblico è salito ancora, toccando il 132,1% del prodotto interno lordo: era al 128,5% alla fine del 2013. Anche in questo caso è stato raggiunto un record, il massimo dal 1995, anno in cui l'Istat ha ricostruito le serie storiche. Negli ultimi documenti contabili, il governo prevedeva di raggiungere il 131,6%.

Il peggioramento dei conti pubblici si è verificato nonostante l'ennesimo aumento della pressione fiscale che ha raggiunto il 43,5% del Pil, contro il 43,4% del 2013. Per un governo che si vanta di aver diminuito le tasse, qualcosa non torna. Secondo il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, tenendo conto degli 80 euro renziani, la pressione fiscale effettiva sarebbe stata del 43,1%, anziche del 43,4%. In realtà ha ragione l'Istat e torto il ministro: gli 80 euro vengono classificati correttamente dall'istituto di statistica come «spesa sociale» e non come riduzione delle tasse. Del resto, quale sarebbe la tassa che è stata ridotta? Peggiora anche l'avanzo primario di bilancio, all'1,6% rispetto all'1,9% del 2013. Infine, l'Istat registra un vero e proprio crollo degli investimenti (-3,3% rispetto al 2013) e una variazione nulla dei consumi.

L'aumento delle immatricolazioni di auto in Italia in febbraio

rispetto al febbraio 2014. È un

dato positivo in controtendenza

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