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Dissidente iraniano arrestato a Lecco per ingraziarsi Teheran

La polizia ha fermato il blogger Khosravi Così si rischia un nuovo caso Shalabayeva

Dissidente iraniano arrestato a Lecco per ingraziarsi Teheran

Perché il dissidente iraniano Mehdi Khosravi è stato arrestato dalla polizia italiana? Ufficialmente la questura di Lecco parla di provvedimento cautelare in seguito a un mandato di cattura internazionale per corruzione emesso dal Tribunale di Teheran, che ne chiede l'estradizione. Khorsravi, in arte Yashar Parsa, è un blogger attivista per la democrazia che evidentemente con la sua attività infastidisce il regime iraniano. Ma fin qui nulla di strano. Quello che invece comincia a preoccupare è che il governo italiano non si presti ai giochetti repressivi per mantenere le sue buone relazioni con Teheran. È già accaduto una volta, tutti ricorderanno il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako rispedita dall'Italia nel suo Paese ben sapendo quali fossero le reali intenzioni del regime asiatico, e sarebbe meglio non collezionare ulteriori figuracce internazionali senza aver verificato a fondo quali siano le responsabilità del dissidente iraniano arrestato domenica a Dorio, nel Lecchese. Anche perché il suo avvocato Sahand Saber sostiene che non esistono accuse per corruzione nei suoi confronti, anche perché non ha mai ricoperto ruoli pubblici né è mai stato dipendente dello Stato.

Quello che si sa è che Khosravi era finito in carcere in Iran dopo i moti studenteschi del 2009 e che ha continuato all'estero, come rifugiato, la sua attività contro il regime. Perciò tutto sembra ridursi a una chiara caccia al dissidente scomodo. «Mehdi oggi scrive articoli e blog sulla democrazia e la necessità di una separazione dei poteri in Iran ha affermato il suo legale. Saber ha aggiunto che l'arresto «può rappresentare un tentativo da parte di alcuni funzionari del governo italiano di ingraziarsi gli iraniani dopo l'accordo sul nucleare della scorsa estate. Il governo italiano accusa l'avvocato del blogger - vuole lavorare economicamente con il regime. Può darsi che al governo italiano sia stato chiesto di fare ciò».

La vicenda di Khosravi ha suscitato l'intervento di Reza Ciro Pahlavi, figlio dell'ex Scià di Persia, costretto ad abdicare dopo della rivoluzione khomenista del 1979. Pahlavi, presidente del Consiglio nazionale iraniano per libere elezioni, ha scritto al premier Matteo Renzi, chiedendogli di porre attenzione al caso del «rifugiato e richiedente asilo» Mehdi Khosravi. «Chiediamo con urgenza il suo intervento, in favore del signor Khosravi scrive il figlio dello Scià - Khosravi è un attivista per la democrazia e la tutela dei diritti umani, nato in Iran, ma residente nel Regno Unito in qualità di rifugiato politico, perché costretto ad abbandonare l'Iran dopo le dimostrazioni del 2009. Inoltre, il signor Khosravi è stato negli ultimi tre anni amministratore esecutivo del Consiglio nazionale iraniano per le libere elezioni».

Insomma, anche un cieco capirebbe che le accuse dei giudici iraniani nascondono un'altra verità.

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