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La "Ditta" tenta lo sgambetto al listone europeo di Calenda

Alla convention manifesto di Bettini per affondare l'ex ministro. Ma alla fine il Pd evita una nuova faida

La "Ditta" tenta lo sgambetto al listone europeo di Calenda

Da ieri è ufficialmente aperta la corsa verso le primarie del Pd. Una corsa invero non troppo emozionante, visto che tutti danno per scontato chi sarà il vincitore, nonchè prossimo segretario del Partito democratico: Nicola Zingaretti, attuale governatore della regione Lazio.

I candidati, selezionati dal voto degli iscritti in queste settimane saranno tre: Zingaretti (che ha avuto il 47% nel primo round), Maurizio Martina, il segretario uscente (che ha incassato il 36%) e il parlamentare Roberto Giachetti, con l'11%, che rappresenta la sorpresa di questo primo voto e l'incognita delle primarie, dove molti prevedono che possa incassare consensi assai più consistenti, come dimostra anche il grande successo del candidato sui social, dove straccia i concorrenti, diventando in qualche modo il simbolo del «renzismo originario». Che invece il Pd di Zingaretti e dei suoi numerosi e autorevoli sostenitori (dall'ex premier Gentiloni al ministro della Giustizia Andrea Orlando, da Franceschini a Cuperlo, da Minniti a Fassino, fino a Walter Veltroni) vorrebbe definitivamente archiviare. E infatti Matteo Renzi, assente ieri dall'Hotel Ergife e apparentemente disinteressato alla tenzone, è il convitato di pietra di questa partita, che i suoi giocano divisi tra loro, un po' a sostegno di Martina e un po' di Giachetti. Che è il più netto nel dire no al ritorno alla vecchia «Ditta» post-Pci, di cui si teme la restaurazione con la segreteria Zingaretti. Il quale a sua volta respinge con veemenza l'accusa di cercare intese coi Cinque Stelle: «Mi sono stancato di dire che non intendo favorire nessuna alleanza con loro».

Ieri però, candidati a parte, il protagonista della giornata è stato un altro: Carlo Calenda, e il suo manifesto pro Ue «Siamo Europei», che vorrebbe costituire la base di uno schieramento aperto anti-sovranista alle prossime elezioni europee e sul quale l'ex ministro delle Attività produttive ha raccolto in un paio di settimane 150mila adesioni. Alla Convenzione dell'Ergife era stato infatti annunciato un altro «manifesto», presentato dal gruppo parlamentare a Strasburgo e messo a punto da Goffredo Bettini, ex braccio destro di Walter Veltroni e oggi sponsor di Zingaretti, nonché uno dei cinque europarlamentari Pd che hanno votato con grillini e Lega contro il riconoscimento di Guaidò come presidente pro-tempore del Venezuela, schierandosi di fatto con Maduro. Calenda ha interpretato il documento come un tentativo di togliere di mezzo la sua iniziativa, e lo ha denunciato via Twitter: «Se si confermerà come un'operazione costruita contro Siamo Europei ne prenderò atto». Il segretario in pectore Zingaretti ha cercato allora di disinnescare la rottura, prima con una telefonata di appeasing a Calenda e poi assicurando dal palco che giudica l'iniziativa «uno straordinario contributo alla sfida che abbiamo davanti», rispetto al quale il Pd deve fare «uno sforzo unitario e non chiuso e settario». Grande sostegno a Calenda anche da Maurizio Martina: «Io sono d'accordo perché anche alle primarie si sostenga la raccolta firme per il manifesto SiamoEuropei. Uniamo le forze, allarghiamo il campo e costruiamo l'alternativa».

Calenda è poi intervenuto per sancire la pace, ma anche per lanciare un avvertimento: «Quando parlo di Siamo europei l'obiezione che mi fanno sempre è che è una cosa del Pd, perché c'è un grandissimo problema di credibilità della nostra forza politica».

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