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"Il dittatore Maduro teme pure le parole"

L'oppositore è in Spagna: «Scappato dal Venezuela per fare sentire la nostra voce»

"Il dittatore Maduro teme pure le parole"

È scappato nella notte. I suoi nemici hanno usato subito la fuga contro di lui: «Se n'è andato nel buio come i pipistrelli» ha urlato vendicativo Maduro. Antonio Ledezma, l'ex sindaco di Caracas odiato dal regime, non aveva scelta. I rivoluzionari chavisti al potere gli stavano addosso.

Tutti parlano di una fuga da film, è stata così?

«Ho fatto più di 800 chilometri in 20 ore con la macchina, passando per 29 posti di blocco».

Quando ha deciso di scappare?

«Quando ho capito che non avrei più potuto dare nulla al mio Paese. Mi hanno imprigionato in un carcere di massima sicurezza, mi sono ammalato e mi hanno messo ai domiciliari, e quando ho parlato mi sono venuti a riprendere nel cuore della notte e mi hanno portato via in pigiama davanti a mia moglie in lacrime. Trattato come i peggiori delinquenti».

Per chi non conoscesse la storia, Antonio Ledezma, avvocato di 62 anni, non è un criminale. La sua colpa è quella di essersi sempre opposto al regime, di essersi battuto per la democrazia contro Hugo Chavez prima e contro Nicolas Maduro poi.

Perché hanno così tanta paura di lei?

«Perché non sono dei veri politici, sono solo dei dittatori e il confronto, il dialogo, perfino il ragionamento li terrorizza. E io sono stato il sindaco di Caracas più popolare degli ultimi anni, sono stato il più votato ed ero contro di loro. Ovvio che non potevano accettarlo».

E così un giorno sono venuti a prenderla...

«Sì, senza nessun avviso, mandato e lo straccio di prova. Gli uomini del Sebin ( la polizia segreta) sono entrati nel mio ufficio e mi hanno trascinato via con l'accusa di tramare contro il presidente. Mi hanno rinchiuso nel carcere militare di Ramo Verde. Era il 2015, da lì è iniziato il mio dramma».

Perché ha scelto di scappare a Madrid?

«Qui c'è già mia moglie, la mia famiglia. Il mio epicentro».

Rayoy l'ha accolta con tutti gli onori di un leader politico. Se lo aspettava?

«È stata una bellissima accoglienza. Mi ha dato molto conforto. Mi ha dato forza sapere che possiamo contare su un grande paese come la Spagna per far capire la situazione in Venezuela».

Che farà adesso?

«Non sono fuggito per paura, ma perché hanno cercato in tutti i modi di imbavagliarmi. E non potevo permetterlo. Avevo ormai capito che in Venezuela non potevo fare più molto. Per combattere devo essere fuori, servo di più libero che imprigionato».

A ottobre prossimo ci saranno le elezioni?

«Così dicono loro. Ma bisogna puntare piuttosto a un governo di transizione, il Venezuela ha urgenza di liberarsi da questa morsa criminale e omicida».

Quanto può resistere ancora il popolo?

«Nella mia fuga ho visto donne che rovistavano nella spazzatura per cercare qualcosa da mangiare. Il Venezuela ha il petrolio e si è ridotto sul lastrico, indebitato fino al collo».

C'è differenza tra Chavez e Maduro?

«Nessuna. Maduro è solo la continuazione del regime instaurato da Chavez. Insieme hanno letteralmente distrutto una nazione come la nostra».

Cosa farà adesso?

«Girerò il mondo intero per denunciare e per chiedere sostegno».

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