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Dodici eletti da Rousseau per "controllare" Di Maio

Ma il partito litiga anche sulle alleanze regionali

Dodici eletti da Rousseau per "controllare" Di Maio

Riconquistare il Movimento. A testa bassa. Possibilmente in camicia e pullover e con la zappa in mano. Proprio l'immagine consegnata ieri a fotografi e cronisti dal capo politico Luigi Di Maio a Casoria, in provincia di Napoli, mentre era intento a piantare un albero per l'iniziativa del M5s «Alberi per il futuro» è rappresentativa dell'ennesimo cambio di passo.

«Collegialità», «territori» e «dialogo con gli attivisti» sono le parole chiave della svolta secondo i «lealisti», gli uomini più vicini al leader. Il primo termine è da tradurre con il varo, «il 15 dicembre» ha annunciato Di Maio, della riorganizzazione. Il nuovo organo si chiamerà «Team del futuro» e sarà composto da dodici facilitatori «eletti dagli iscritti» su Rousseau, chiamati a coadiuvare Di Maio nella gestione del Movimento. Insieme all'organigramma, sarà rinnovata anche la carta dei valori dei Cinque Stelle.

Poi ci sono i territori. A breve il capo politico sarà impegnato in un «tour di ascolto» nelle varie realtà italiane. In programma incontri con gli eletti locali e gli attivisti. E arriviamo al terzo pilastro della svolta, che si collega alla «desistenza» alle elezioni regionali del 26 gennaio.

Sotto la spinta del plenipotenziario Max Bugani, in Emilia - Romagna il M5s non dovrebbe presentare la lista. Una scelta obbligata dopo il flop dell'Umbria, «dove non abbiamo ascoltato i nostri dirigenti locali e i militanti», chiosano dal cerchio magico di Di Maio. Il percorso è più accidentato in Calabria. Lì la deputata Dalila Nesci insiste per una candidatura in solitaria. Ma la situazione potrebbe essere risolta dall'intervento del pentastellato più ascoltato sul territorio, il senatore Nicola Morra.

Lo schema sarà ripetuto per le regioni al voto nel prossimo anno. Per verificare la possibilità di stringere alleanze e presentare liste, Di Maio ha ingaggiato un team composto per ogni caso da un consigliere regionale e da un parlamentare.

Ieri il deputato Luigi Gallo, vicino a Roberto Fico, è tornato a fare il controcanto. Su Facebook ha rilanciato l'ipotesi di alleanze stabili con il Pd alle regionali. Il post è stato sommerso dalle critiche di attivisti e simpatizzanti: «Andrete a casa, è solo questione di tempo. Vi è piaciuta la poltrona», ha scritto uno di loro.

E Il caso Ilva ha rischiato di aprire un'altra faglia nel M5s. Negli scorsi giorni per la prima volta alcuni fedelissimi hanno storto il naso di fronte alle bizze del capo politico, tentato dal mettere in crisi il governo sulle acciaierie di Taranto.

Alcuni ministri come Patuanelli, Fraccaro, Bonafede e Spadafora sarebbero rimasti di sasso di fronte alla sfida sullo scudo penale ad Arcelor Mittal.

Ieri si erano diffuse voci su un premier pronto a brigare con certi settori del M5s per sostituire Di Maio. Ma Conte è abbastanza isolato e le smentite sono secche: «Luigi è e resta il nostro capo politico».

Con più dialogo e collegialità.

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